WhatsApp, Skype, Facebook Messenger e tutte le applicazioni del genere hanno sempre avuto un grosso vantaggio: usufruire di reti mobili, fisse e satellitari senza versare neanche un euro. Il privilegio più grande, secondo autorità garante Agcom, sarebbe quello di utilizzare, senza pagarlo, il numero di telefono che la società di telecomunicazioni assegna al cliente, dopo averlo acquistato dallo Stato. In questi giorni però, questo problema è stato portato alla ribalta e le cose stanno per cambiare.
Agcom scrive che le applicazioni come Telegram, Messenger, Viber, WhatsApp ecc, dovrebbero pagare un pedaggio per l’uso dei beni altrui, il Garante vorrebbe imporre agli sviluppatori delle app un obbligo a negoziare con le società degli operatori, per il passaggio sulle loro reti, ad esempio. È anche vero che queste applicazioni solo in apparenza sono gratuite. In realtà, hanno un preciso modello di business che si basa anche sulla profilazione dei loro utenti. Queste app monitorano ogni nostra azione ricavandone un identikit preciso in termini di gusti. Bisogna anche considerare che non si può lasciare la palla in mano agli operatori, poiché prenderebbero le applicazioni per la gola e sicuramente molte di queste lascerebbero il mercato italiano.