Alluvione, non solo il Louvre: 50 anni fa il dramma degli Uffizi, ancora oggi tanti musei a rischio piena

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Il Louvre chiude per l’emergenza alluvione di Parigi: il Museo ha deciso di evacuare preventivamente le opere d’arte situate negli scantinati, considerata “zona a rischio inondazioni” in situazioni particolarmente estreme come quella in atto. Ma quello del Louvre non è l’unico caso di fiumi che scorrono a un passo dai grandi musei, rappresentando un pericolo potenziale per i capolavori dell’arte. Nelle grandi capitali europee e nelle citta’ d’arte, da Berlino a Firenze, da Londra a San Pietroburgo, i monumentali musei si trovano spesso a un passo dall’acqua. Oggi a Parigi, con la Senna che minaccia la citta’, i direttori dei grandi musei piu’ vicini al fiume, in primis il Quai d’Orsay zeppo di capolavori dell’Impressionismo, ma anche il Quai Branly e il mitico Louvre, corrono preventivamente ai ripari ordinando lo spostamento delle opere piu’ a rischio in caso di esondazione.

Il Pergamon di Berlino
Il Pergamon di Berlino

Un caso che nella capitale francese, almeno negli ultimi decenni, non si e’ mai verificato, anche se i capolavori del monumentale museo parigino sono stati insidiati e depredati, durante l’ultima guerra, dall’occupazione nazista. Le piogge incessanti flagellano il nord, spaventano, oltre alla Francia, la vicina Germania. Anche a Berlino d’altronde il Pergamon, famoso in tutto il mondo per la sua collezione archeologica, e’ costruito su un’isola (l’isola dei Musei) abbracciata dalle acque della Sprea.

L’Ermitage di San Pietroburgo

Ma pensando ai grandi musei d’Europa il pensiero corre anche a San Pietroburgo, dove lo straordinario Ermitage nel barocco Palazzo d’Inverno di Elisabetta I si affaccia grandioso con i suoi marmi, gli ori, gli stucchi, sulle acque del Neva. E dalle grandi sale, che accolgono collezioni inaudite e capolavori di tutti i tempi – dalla Madonna Litta di Leonardo ai Picasso (ben trenta), dai magnifici piatti d’argento dell’arte sasanide alle tele di Rembrandt collezionate da Pietro il Grande – l’acqua del grande fiume che fece da sfondo ai drammi d’amore di Anna Karenina e’ sempre li’ a portata di sguardo.

Tant’e’, per tutti lo spettro e’ la Firenze del 1966, devastata dalla valanga di acqua, fango e melma vomitata in una tragica notte dall’Arno. Le conseguenze di quell’allagamento, difficile dimenticarlo, furono terribili per musei e biblioteche. L’acqua invase i depositi degli Uffizi e il Gabinetto Fotografico del museo, oltre alla Biblioteca Nazionale, dove migliaia di libri vennero sommersi, le pagine impregnate dall’acqua e dal gasolio, e dove non basto’ l’opera di tanti ragazzi che le cronache di allora ribattezzarono gli angeli del fango. E poi il museo archeologico, dove i pavimenti crollarono trascinando nella melma migliaia di anni di storia. L’acqua del fiume colpi’ quella notte a Firenze la cattedrale di Santa Maria del Fiore, il Battistero, tutta la citta’. Danni enormi che, in alcuni casi, ancora oggi, a 50 anni di distanza, non sono stati del tutto risarciti. Il cedimento qualche giorno fa del tratto del Lungarno, ha evocato il dramma di quei giorni bui. Ma ancora di piu’ fanno paura, oggi, le immagini della Senna in piena nella modernissima Parigi. Preoccupazioni piu’ che attuali, secondo lo storico dell’arte fiorentino Tomaso Montanari: “Se quella pioggia terribile si ripetesse, la Firenze di oggi si troverebbe nelle stesse condizioni del ’66 – denuncia – la grande questione dell’Arno, purtroppo non e’ stata ancora risolta”. Un interrogativo, aggiunge, potrebbe riguardare anche i musei italiani, “cosa c’e’ di predisposto per la sicurezza?”.

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