“L’accordo di Parigi, sottoscritto a New York è entrato nella fase di attuazione. Ovvero tutte le nazioni del pianeta, pur se con impegni diversificati, devono concorrere alla riduzione delle emissioni di CO2 e degli altri gas ad effetto serra in modo da evitare che l’aumento della temperatura media superi entro la fine del secolo 2°, o meglio 1,5°. Dagli impegni politici si tratta ora di passare alle misure concrete. E non c’è molto tempo“. Lo afferma l’ex ministro dell’Ambiente, Corrado Clini che all’Adnkronos, spiega che cosa può fare l’Europa.
L’Europa, sottolinea Clini, “è stata il driver principale dell’iniziativa globale sui cambiamenti climatici“. Purtroppo, però, “l’evoluzione delle politiche europee si è concentrate progressivamente sulle proprie regole interne, lasciando in secondo piano l’esigenza di una strategia globale capace di coinvolgere tutte le principali economie del pianeta“. L’attuazione dell’accordo di Parigi, dunque, “rappresenta l’occasione per l’Europa di riprendere la leadership internazionale“. Per centrare l’obiettivo, secondo l’ex ministro dell’Ambiente, “l’Europa dovrebbe promuovere una ‘piattaforma di dialogo’ , per affrontare contestualmente tutti i temi dell’economia e geopolitica dei cambiamenti climatici che Parigi ha eluso, e ricercare le modalità per un accordo globale di lungo termine sulle regole e sui meccanismi finanziari“.
A questo accordo, “dovrebbero partecipare i paesi che hanno sottoscritto l’accordo di Parigi, l’Organizzazione Mondiale del Commercio, Opec, il Fondo Monetario Internazionale, Banca Mondiale, Asian Infrastructure Investment Bank, e le altre Banche di Sviluppo“. In questo contesto, “l’Italia, anche per la circostanza di un’italiana ‘ministro europeo degli esteri’, e per il suo ruolo regionale nel mediterraneo e nel medio oriente, può essere il promotore di questa iniziativ”a. Dall’altra parte, aggiunge Clini, “l’Europa dovrebbe promuovere un ‘Hub delle tecnologie a basso contenuto di carbonio’, con la partecipazione di tutte le imprese europee che operano nel mercato mondiale dell’ENERGIA e dell’automotive, cofinanziato da tutti gli stati membri con una quota minima ‘obbligatoria’ del proprio Pil“. L’ambizione, spiega l’ex ministro, “dovrebbe essere quella di creare il motore tecnologico e industriale della transizione dell’economia globale verso la decarbonizzazione. Da un punto di vista tecnico non è un’impresa difficile, perché molte imprese europee sono già molto avanti in questa prospettiva” e da un punto di vista economico “i vantaggi sono intuibili“.
Ma certo non mancano le difficoltà, perché “richiede la condivisione di scelte e impegni che in molte altre situazioni non sono state rispettate da tutte le parti in causa“. Secondo Clini, dunque, “non è facile, e non sarà una passeggiata, ma la strada per rafforzare la competitività e la leadership dell’Europa passa anche attraverso il ‘salto’ nella capacità di innovare attraverso le sinergie tra le imprese europee e la moltiplicazione degli ‘spill over’ per la ‘decarbonizzazione’“. L’Italia, conclude Clini, “il secondo paese manifatturiero europeo, ha tutto l’interesse a promuovere questa iniziativa, a condizione di assicurare credibilità e continuità dei suoi impegni”.