Ambiente: “stop a riserve fossili, solo così si possono raggiungere gli obiettivi della Cop21”

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Per avere almeno il 50% di possibilità di restare entro il limite dei 2°C nel corso del 21esimo secolo, le emissioni totali di anidride carbonica entro il 2050 non dovranno superare 1.100 miliardi di tonnellate di CO2. Mentre le emissioni di gas serra contenute nelle attuali riserve mondiali di carburanti fossili sono circa 3 volte di più. Sulla base di questo, un recente studio pubblicato su Nature ha valutato quante delle risorse globali da fonti fossili non dovranno essere sfruttate per tentare di rispettare il limite dei 2°C fissato dalla comunità internazionale.

I margini sono strettissimi: un terzo delle riserve di petrolio, la metà di quelle di gas e oltre l’80% delle attuali riserve di carbone dovrebbero rimanere inutilizzate al 2050. Il passaggio a uno scenario a 1,5°C, dunque, come previsto dall’Accordo di Parigi sul clima, firmato a New York il 22 aprile scorso, comporta all’incirca un dimezzamento del budget di carbonio a disposizione (500-600 Gt) e richiederebbe limitazioni ancora più severe nell’utilizzo delle riserve accertate di petrolio, di gas e di carbone. Lo scenario compatibile con l’obiettivo 1,5°C sarebbe in Europa, ben più impegnativo di quello a 2°C e richiederebbe entro il 2030 una riduzione delle emissioni del 50-55% rispetto al 1990 (contro il 40% del pacchetto 2030 corrispondente al target dei 2°C) e quindi anche un aumento significativo dei target del 27% per le rinnovabili e per l’efficienza energetica. Quanto all’Italia, nel 2015, dopo anni di calo, -20% al 2014 rispetto al 1990, secondo i dati elaborati dal Climate Report, elaborato dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, le emissioni di gas serra sono aumentate di circa il 2,5%.

Tra il 2005 e il 2012 l’Italia, nello sviluppo delle fonti rinnovabili, ha realizzato ottimi risultati sia pure con incentivi significativi, aumentando dall’8% a circa il 16% del consumo nazionale, facendo meglio della media europea e collocandosi fra i leader mondiali. Ma nell’ultimo triennio, il quadro è notevolmente peggiorato: le rinnovabili sono passate dal 16,7% nel 2013 al 17,3% del 2015, con una crescita modestissima, dello 0,2% all’anno ed è diminuita la quota di elettricità da fonti rinnovabili passando dal 43% al 38% tra il 2014 e il 2015. Con questo passo l’Italia, pur avendo già raggiunto l’obiettivo europeo del 17% al 2020, sarebbe ben lontana dall’obiettivo europeo del 27% al 2030 e ancora di più dalla più impegnativa attuazione dell’Accordo di Parigi. Collocando l’obiettivo della variazione di temperatura in una posizione intermedia – fra i 1,5°C e 2°C – con l’Accordo di Parigi, l’Italia al 2030 dovrebbe ridurre le emissioni di gas serra intorno al 50% rispetto al 1990: ciò richiederebbe un forte impegno nel risparmio e nell’efficienza energetica con una riduzione dei consumi attesi di circa il 40% e un raddoppio della quota di fonti rinnovabili, dal 17,3% a circa il 35% del consumo energetico finale al 2030 e nel solo comparto elettrico, le rinnovabili dovrebbero soddisfare almeno 2/3 della domanda di elettricità.

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