Archimede Solar Energy, la storia del progetto che si scontra con la burocrazia

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Il paradosso di una tecnologia innovativa unica al mondo, sviluppata dalla ricerca 100% Made in Italy, in grado di generare ENERGIA pulita e, allo stesso tempo, filiera industriale, occupazione, competenze spendibili all’estero e, insieme, attrarre investitori. Ma che invece di decollare ‘in casa’, resta sospesa in un limbo burocratico senza fine. Risultato: niente occupazione, nessuna filiera italiana, investitori che si ritirano, imprese che chiudono o che, nel migliore dei casi, scelgono di rivolgersi all’estero.

Fuga, in questo caso, non solo di cervelli ma anche di prospettiva e di soldi: circa un miliardo di euro che erano già sul tavolo. Al centro della storia del progetto di Archimede Solar Energy, società del gruppo Angelantoni Industrie, la procedura di Via nazionale per l’impianto solare termodinamico a sali fusi in Sardegna, il primo al mondo che avrebbe utilizzato la tecnologia solare termodinamica sviluppata dall’Enea. 150 giorni il tempo previsto dell’iter, ma a distanza di più di tre anni è ancora tutto fermo in attesa di un parere mai arrivato. ‘‘Il progetto nasce anni fa con l’idea iniziale di realizzare la centrale pilota, primo passo a cui far seguire prospettive estere, e con questa nasce anche tutta una filiera del solare termodinamico in grado di produrre i componenti per un prodotto unico al mondo, grazie alle aziende che con noi hanno creduto e scelto di investire in questo progetto”, racconta all’Adnkronos Federica Angelantoni, ad di Archimede Solar Energy.

Progetto che attrae investitori giapponesi che arrivano a ottobre del 2012. Di lì a poco parte la richiesta per avviare l’iter autorizzativo. A sostegno del progetto, ”la creazione di un sistema incentivante estremamente interessante pensato per far sì che le aziende potessero avviarsi sul mercato italiano e attirare l’interesse di grandi investitori stranieri – spiega Federica AngelantoniSono stati quindi presentati alcuni progetti per l’avvio dell’iter autorizzativo che sulla carta doveva durare 150 giorni, ma che ad oggi, dopo più di tre anni, è ancora senza parere”. Risultato? Gli investitori giapponesi hanno scelto di operare su altri mercati, meno interessanti dal punto di vista degli incentivi ma in grado di fornire più certezze. ”Abbiamo perso investimenti per un miliardo di euro che erano già sul tavolo, con conseguenze importanti anche in termini occupazionali, in particolare per tutto l’indotto che si sarebbe sviluppato in Sardegna e che è andato in fumo”, sottolinea l’ad di Archimede Solar Energy.

archimede solarChe manchi il parere significa, in poche parole, che ”al progetto non è stato mai detto né sì né no”, quindi – paradosso nel paradosso – a distanza di anni potrebbe ancora arrivare l’autorizzazione. Ma nel frattempo gli investitori si sono ritirati, senza mai aver ricevuto il parere, e non è detto che ci siano aziende in grado di realizzare i componenti. Perché mentre Angelantoni Industrie ha le spalle larghe e tiene anche sui mercati esteri ”altre piccole e medie aziende italiane per la produzione dei componenti del termodinamico hanno chiuso, altre hanno venduto la tecnologia all’estero”. Ma andare fuori non sempre è facile: ”quando si presenta una tecnologia all’estero e si partecipa a un bando di gara, la prima cosa che ti chiedono è il cosiddetto ‘local content’, ovvero quanta parte della tecnologia che non è del Paese in cui si realizza l’impianto può essere trasferita al Paese stesso, e poi quanti impianti del genere sono già stati realizzati in Italia. Dover rispondere ‘zero’ rende davvero poco credibili. Questo è’ il paradosso di un Paese lungimirante nella ricerca e nell’innovazione tecnologica che poi non concede le autorizzazioni impedendo di fatto la realizzazione di queste innovazioni sul proprio territorio”.

Non la pensano così altrove. La tecnologia del solare termodinamico ha dimostrato di essere valida e si è infatti diffusa nel mondo. E mentre Archimede Solar Energy è al lavoro per realizzare in Cina una centrale da 50 Mgw, solo in Spagna ci sono 50 centrali, in America è presente dagli anni ’80, in Marocco e Sudafrica si stanno realizzando centrali di questa tipologia, anche se con una tecnologia leggermente diversa da quella italiana che prevede l’utilizzo di sali. Quindi si cresce all’estero, mentre in casa l’innovazione fa i conti con ostacoli autorizzativi e i rimpalli burocratici che mettono le aziende in ginocchio. ”Serve un indirizzo preciso da parte del governo, che sia credibile per le aziende in modo che possano muoversi in maniera sicura. L’incertezza è ciò che più è stato difficile gestire, non avere una tempistica certa è ciò che mette aziende in difficoltà. Eppure l’Italia può fornire soluzioni tecnologiche estremamente interessanti, e all’estero lo sanno”.

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