Il giorno dopo il terremoto del referendum sulla Brexit, la pressione su Londra continua a salire. La Scozia ha accelerato le sue richieste di avviare “subito i colloqui” con l’Unione europea per proteggere “il suo posto in Europa“, ricordando che “un secondo referendum per l’indipendenza scozzese da Londra è altamente probabile“. Più di un milione di persone ha firmato intanto, in un solo giorno, una petizione online per chiedere che sia indetto un secondo referendum sulla Brexit. Intanto, sono iniziate le riunioni dei leader europei per discutere del ‘sisma’ che la consultazione causata dal premier David Cameron ha causato nell’Ue. I ministri degli Esteri dei Paesi fondatori dell’Ue si sono incontrati a Berlino e i messaggi del francese Jean-Marc Ayrault e del tedesco Frank-Walter Steinmeier hanno fatto eco all’appello del presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker: i negoziati per l’uscita devono iniziare subito. I colloqui proseguiranno, mentre stasera il premier Matteo Renzi sarà a Parigi per incontrare il presidente François Hollande e martedì e mercoledì la questione sarà discussa al Consiglio europeo. Nel secondo giorno, il vertice sarà per la prima volta a 27.
BRITANNICI CHIEDONO NUOVO REFERENDUM. La petizione popolare aperta ieri e rivolta al Parlamento britannico perché sia convocato un secondo referendum ha raccolto oltre 1,5 milioni di firme, dopo che ieri la pagina web della Camera dei comuni si era bloccata per l’alto numero di accessi. La proposta, pubblicata da un cittadino che si è identificato come William Oliver Healey, chiede ai deputati “l’applicazione di una norma per cui, se il voto a favore di uscire o restare è al di sotto del 60%, con partecipazione minore del 75%, dovrebbe convocarsi un altro referendum“. In un messaggio sulla pagina online, il Parlamento si impegna a ‘valutare’ se discutere la questione posta dalla petizione (perché ciò accada, la soglia è di 100mila firme). La commissione sulle petizioni si riunirà martedì prossimo. E in parallelo, oltre 110mila persone hanno firmato un’altra petizione su Change.org, chiedendo al sindaco di Londra Sadiq Khan di dichiarare l’indipendenza dalla capitale dal Regno Unito e di chiedere l’ingresso nell’Ue.
FONDATORI A BERLINO: LA SPINTA SUI NEGOZIATI. I tempi dell’uscita del Regno Unito dall’Ue sono legati ai negoziati con Bruxelles e gli Stati membri, come previsto dall’articolo 50 del Trattato di Lisbona, che regola il recesso dal blocco. Un territorio inesplorato, perché la clausola di recesso sinora non è mai stata utilizzata. Cameron ieri ha annunciato le dimissioni a ottobre, con l’intenzione di lasciare al suo successore l’incarico di invocare la clausola di recesso. I negoziati “devono iniziare subito“, “c’è urgenza perché in gioco ci sono gli interessi dei britannici e degli europei“, ha detto il francese Ayrault a Berlino. La “responsabilità è di Cameron“, ha aggiunto, che deve dare il via ai colloqui e assumersi la responsabilità delle conseguenze della convocazione del referendum. Steinmeier ha ribadito: il processo di uscita “deve essere avviato il più presto possibile, per poterci poi concentrare sul futuro dell’Europa“. L’italiano Gentiloni ha sottolineato invece che “una delle risposte che gli europei aspettano, e le aspettano per dare una prospettiva al futuro dell’Europa, riguarda la capacità di politiche comuni sull’immigrazione“, su cui Roma si aspetta “decisioni importanti nel prossimo Consiglio europeo“. In una intervista alla tv tedesca Ard, Juncker aveva chiesto l’avvio immediato dei negoziati e sottolineato: ”Non è un divorzio amichevole, ma dopotutto non è stata esattamente una affiatata storia d’amore“.