Un reality show sui cosiddetti “bisturi trip”, ossia quei viaggi fatti per sottoporsi a interventi di chirurgia plastica in paesi in cui il costo è minore rispetto al paese d’origine. Succede in Nuova Zelanda, dove dal 30 giugno andrà in onda sul canale TVNZ “Beauty and the Beach”, programma che seguirà la storia di 17 donne australiane e neozelandesi nel loro viaggio verso il ritocchino. E c’è già chi si oppone alla messa in onda dello show, nel timore che possa incentivare questo tipo di turismo. A farlo sono soprattutto i parenti di alcuni pazienti deceduti in seguito a interventi di chirurgia plastica low cost eseguiti in Malesia.
«Il fenomeno del turismo sanitario è presente anche in Italia, in particolare per gli interventi di chirurgia plastica, e non è esente da rischi – afferma Pierfrancesco Cirillo, segretario dell’Associazione Italiana di Chirurgia Plastica Estetica (Aicpe) -. Il trend, nato negli anni ’80, è diventato più florido grazie a internet. Molti pensano di poter unire l’utile con il dilettevole, ossia una vacanza di piacere con un intervento, e si fanno convincere dal prezzo più basso. Oltretutto il viaggio è spesso un ottimo pretesto per chi non vuol far sapere a colleghi e amici del ritocchino: si parte per una vacanza e si torna ringiovaniti o dimagriti, senza dover dare troppe spiegazioni. In realtà, le incognite di farsi operare all’estero sono numerose: si rischia non solo di non raggiungere il risultato desiderato, ma anche di trovarsi a fronteggiare un lungo calvario per porre rimedio alle complicazioni».
Ecco quindi i principali problemi del turismo sanitario low cost secondo Aicpe.
1) Comunicazione. «Uno degli aspetti più critici della chirurgia plastica è capire quali aspettative ha il paziente sull’intervento: la visita accurata è un elemento fondamentale e non sempre è facile capirsi tra paziente e dottore già quando si parla la stessa lingua. Se a questo si aggiungono i problemi linguistici e di differenze culturali, la situazione è ancora più complicata e cresce il rischio del paziente di non raggiungere il risultato desiderato» spiega Cirillo.
2) Rischi sanitari. I paesi che hanno costi inferiori rispetto all’Italia, hanno anche standard sanitari più bassi. «Nei Paesi in cui la chirurgia plastica è low cost non si può avere la sicurezza che siano rispettati tutti gli standard garantiti in Italia. Non si ha la certezza che i requisiti richiesti per una chirurgia sicura non siano rispettati, che il materiale utilizzato, ad esempio le protesi, sia di qualità scadente, ma anche che il sangue non sia sottoposto ai necessari controlli. Si rischia così di contrarre infezioni o malattie come l’epatite B».
3) Assistenza pre e post operatoria. Operandosi all’estero, di solito si incontra il medico per la prima volta poco prima dell’intervento e per l’ultima subito dopo. «Il paziente ha poco tempo per valutare i pro e i contro dell’operazione o per fare eventuali accertamenti pre-operatori. L’assistenza “post”, invece, si interrompe con la partenza, che di solito avviene un paio di settimane dopo l’intervento. Di solito i chirurghi plastici includono nel costo dell’operazione una serie di visite successive, per accertarsi che la delicata fase post operatoria proceda per il meglio e non ci siano complicazioni» spiega Aicpe.
4) Chirurgo plastico e assicurazione. Quando si sceglie un medico in Italia è possibile verificarne le credenziali, la formazione e l’aggiornamento e giudicare dopo una prima visita se è la persona a cui ci si vuole affidare, nonché ci si può accertare circa la sua assicurazione professionale. La chirurgia plastica italiana tra l’altro ha raggiunto un livello tra i più elevati al mondo, che non ha nulla da invidiare ad altri Paesi occidentali, come dimostrano gli scambi reciproci con società scientifiche straniere.
5) Costi. Il prezzo è sicuramente un elemento importante per decidere a quale chirurgo plastico affidarsi, ma non deve essere l’unico criterio. «Un intervento di chirurgia estetica non è come un vestito o una borsa, che se sono di cattiva qualità si possono buttare via senza grosse conseguenze – aggiunge il segretario Aicpe -. Qui si rischia non solo un intervento deludente dal punto di vista estetico, ma anche complicanze gravi. Bisogna considerare che un secondo intervento per rimediare al primo non solo non è sempre possibile, ma sicuramente avrà un costo più elevato e non sarà sempre risolutivo».
6) Vacanze. Molti pazienti pensano di poter abbinare l’intervento di chirurgia plastica con la tintarella. «Inutile scegliere località esotiche per pensare di godersi il mare dopo l’operazione – spiega Cirillo -. In realtà non è così perché non ci sono operazioni che consentono di andare in spiaggia o in un museo dopo 24-48 ore».