In Italia aumenta il numero dei trapianti, arrivati a oltre 3.300, con un’incidenza maggiore nelle regioni del Nord. Ma restano ancora oltre 9.000 le persone in attesa di un organo. E’ il quadro dettagliato del report sulle Attivita’ di donazione e trapianto nel 2015, elaborato dal Centro Nazionale Trapianti (Cnt) e pubblicato sul portale del Ministero della Salute. Secondo il rapporto, lo scorso anno, i trapianti sono stati 3.326, mentre erano stati 3.250 nel 2014 e 3.089 nel 2013. Ad aumentare sono anche le donazioni, che sono state 1.489 rispetto a 1.443 del 2014 e 1.350 del 2013, ma la crescita e’ soprattutto a carico di quelle effettuate da vivente. Le persone che, da vive, hanno donato un rene sono state 301, 23 quelle che si sono fatte prelevare parte del fegato, mentre 1.165 sono state le donazioni da cadavere (nel 2014 erano state rispettivamente 251, 18 e 1.174).
“Il trapianto da vivente – commenta il presidente del Cnt Alessandro Nanni Costa – si puo’ fare solo in caso di legame genetico, legale o affettivo. Ma e’ possibile effettuare anche la donazione samaritana, cioe’ assolutamente svincolata da qualsiasi legame ma sempre libera, gratuita e consapevole, di cui in Italia abbiamo avuto finora solo un caso. E’ una cosa importantissima perche’ gli organi sono in migliori condizioni“.
Al 31 dicembre 2015 le persone in attesa di un trapianto erano 9.070, tre quarti delle quali in lista per ricevere un rene, per il quale si attendono in media tre anni, due invece per il fegato, 2,8 per il cuore, oltre tre per il pancreas. Ma fa ben sperare il sempre maggior numero di comuni italiani, ad oggi circa 500, che stanno procedendo a recepire la direttiva ministeriale del luglio 2015 che permette di indicare, sulla carta d’identita’, la disponibilita’ del cittadino a donare gli organi in caso di decesso. Con 273 donatori la Lombardia si conferma la regione piu’ ‘generosa’. A seguirla, con 180 donatori, la Toscana, quindi Emilia Romagna (135) e Veneto (128). Solo 20 casi in Calabria, 27 in Abruzzo, 36 in Sardegna, 47 nelle Marche, 50 in Puglia e Sicilia.
Una differenza, spiega Nanni Costa, “dettata da una maggiore efficienza delle strutture del Nord nella capacita’ di identificare la condizione di morte accertata con criteri neurologici, passo necessario per l’espianto“. Le regioni del Sud sono anche quelle in cui si registrano più spesso le opposizioni al prelievo degli organi. Questo diritto previsto per i familiari cui spetti il compito di prendere la decisione dell’espianto, e’ esercitato a livello nazionale nel 30,5% dei casi, in calo dello 0,5% rispetto al 2014.