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Piccolissimi e vulnerabili. Le infezioni costituiscono una delle principali cause di mortalità e morbilità in epoca neonatale. Infatti ogni anno nel mondo oltre un milione di neonati muoiono per gravi infezioni, e nel 2012 quasi sette milioni di neonati sono stati sottoposti a trattamento per patologie infettive batteriche. “La sempre più frequente presenza di microrganismi multiresistenti rappresenta un pericolo estremamente serio per i piccoli pazienti e trovare soluzioni adeguate è una delle sfide prioritarie del prossimo decennio“. A sottolinearlo è la Società italiana di neonatologia (Sin), in occasione del VII Convegno internazionale sulle infezioni neonatali, in corso a Pavia. Per proteggere i neonati dai superbatteri occorre un’azione “su due fronti: impegno delle case farmaceutiche e rafforzamento della prevenzione, anche attraverso la regolamentazione dell’utilizzo ospedaliero“, dicono gli esperti. “La storia della scoperta di nuove classi di antibiotici ci insegna che l’emergere di resistenze avviene naturalmente, non appena l’antibiotico viene utilizzato“, afferma Mauro Stronati, presidente della Sin. “Il quadro che emerge – aggiunge – è quello di un mondo in cui l’arsenale per combattere i microrganismi è sempre più povero di mezzi: da un lato lo scarso investimento delle industrie farmaceutiche nella scoperta di nuove molecole, dall’altra la circolazione su scala mondiale di batteri resistenti a pressoché tutti gli antibiotici già in commercio. E’ necessaria una presa di coscienza del fenomeno, ma soprattutto l’adozione di un protocollo rigoroso all’interno degli ospedali e nelle cure che prevedono l’impiego di antibiotici“.
L’Italia è tra i Paesi più a rischio perché è tra quelli dove i batteri, a causa dell’uso massiccio di antibiotici negli ultimi tre decenni, sono divenuti più resistenti. Secondo lo European Centre for Disease Prevention and Control, infatti, il nostro Paese è al quinto posto per utilizzo giornaliero di antibiotici dopo Grecia, Francia, Lussemburgo e Belgio. E’ necessario quindi, volendone limitare la comparsa, modificare il modo di trattare le infezioni e il modo di utilizzare i farmaci antimicrobici che ancora si dimostrano efficaci. Secondo i neonatologi italiani, il problema delle resistenze batteriche agli antibiotici va affrontato a un duplice livello: locale e globale. E’ necessaria maggiore educazione alla prevenzione delle infezioni e alla prescrizione degli antibiotici. Ma anche che i governi promuovano la scoperta di nuove molecole attraverso programmi di ricerca e stabilendo accordi con le case farmaceutiche, esortano gli esperti Sin. E’ importante, inoltre, “che la prescrizione degli antibiotici sia strettamente regolamentata“. Un documento recentemente pubblicato sul sito dell’Ecdc (il Centro europeo di controllo e prevenzione delle malattie) incoraggia l’adozione, in ogni ospedale, di un Antibiotic Stewardship Program, con la creazione di infrastrutture che guidino i medici nelle prescrizioni, operando mediante un programma di sorveglianza, sia al momento della prescrizione che nel corso del trattamento. Gli Antibiotic Stewardship “sono task force di lavoro all’interno degli ospedali dove intervengono diversi specialisti con differente e complementare esperienza nell’ambito della terapia antibiotica, che serva ad assistere il medico durante la prescrizione del trattamento antibiotico, e che lo aiuti nelle decisioni di inizio, interruzione, prosecuzione di un dato trattamento per ogni paziente. Uno specifico programma di Stewardship antibiotica dovrebbe essere sviluppato per le unità di terapia intensiva neonatale, dal momento che le Utin presentano problematiche del tutto peculiari“, conclude la Sin.