Missione LISA Pathfinder: una grande sfida per l’astrofisica e il sistema dello spazio italiani

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A sei mesi dall’inizio della sua missione LISA Pathfinder ha raggiunto il suo obiettivo. La sonda, realizzata dall’ESA con il fondamentale contributo dell’Agenzia Spaziale Italianadell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e dell’Università di Trento, ha dimostrato la fattibilità tecnologica della costruzione di un osservatorio spaziale per onde gravitazionali.
Le attività scientifiche iniziate a marzo hanno dimostrato che le due masse di prova a bordo della navicella sono in caduta libera nello spazio sotto l’azione della sola gravità, del tutto indisturbate da altre forze esterne, immobili l’una rispetto all’altra.
L’esperimento LISA  è un nuovo messaggero che ci porterà notizie importanti sui meccanismi che regolano la vita dell’Universo come le onde gravitazionali – ha dichiarato il presidente ASI Roberto BattistonE’ un’indagine tanto più importante dopo che le collaborazioni scientifiche LIGOVIRGO ne hanno confermato recentemente l’esistenza. Ora resta da capire come la parte oscura dell’Universo, ossia materia ed energia oscura che ne compongono il 95%, ancora sconosciuto, agiscano sugli effetti gravitazionali. E’ una grande sfida per l’astrofisica e il sistema dello spazio italiani che ancora una volta si confermano ai massimi livelli. LISA ci indica che lo studio dell’Universo avverrà sempre di più con esperimenti nello spazio profondo, ed è un motivo in più per accelerare il lancio del prossimo satellite della costellazione e-LISA”.
È un risultato tecnologico straordinario – sottolinea Fernando Ferroni, presidente dell’INFN – e assieme al fondamentale risultato scientifico della scoperta delle onde gravitazionali, annunciato dalle collaborazioni LIGO e VIRGO solo pochi mesi fa, apre la strada a un modo completamente nuovo di studiare il nostro universo, l’astronomia gravitazionale, che ci spalanca nuovi orizzonti esplorativi. E l’Italia sta dando un contributo fondamentale al raggiungimento di questi risultati“.
La sonda LISA Pathfinder è stata progettata proprio per testare le tecnologie necessarie a costruire un osservatorio spaziale per le onde gravitazionali. In particolare al suo interno sono state poste due masse di prova identiche (due cubi di oro-platino di 2 kg ciascuna e di lato 46 mm) a una distanza di 38 cm, circondate da un vettore spaziale, che ha il compito di schermare i cubi dalle influenze esterne e che aggiusta la sua posizione continuamente per evitare di toccarle. L’aspetto cruciale dell’esperimento infatti è aver posto le masse in caduta libera, monitorando che si muovano sotto l’effetto della sola gravità, poiché anche nello spazio diverse forze – come il vento solare o la pressione di radiazione della luce solare – disturbano le masse di prova e la navicella.

L’obiettivo della sonda è stato raggiunto con una precisione cinque volte maggiore di quella richiesta in fase di progetto. In un articolo pubblicato oggi da Physical Review Letters, il team scientifico mostra che l’accelerazione relativa tra le due masse di prova è più piccola di dieci milionesimi di un miliardesimo (10-14) dell’accelerazione di gravità sulla Terra.

Il successo straordinario ottenuto dalle tecnologie-chiave della missione apre le porte allo sviluppo di un grande osservatorio spaziale, capace di rivelare le onde gravitazionali di bassa frequenza, tra 0,1 mHz e 1 Hz, emesse da un ampio spettro di esotici oggetti astronomici. L’osservatorio eLISA (Laser Interferometer Space Antenna), già nel programma delle future grandi missione ESA, sarà composto da tre masse di prova analoghe a quelle testate da LISA Pathfinder, ma tenute a 1 milione di chilometri l’una dall’altra e connesse da un raggio laser, che ne misura la distanza relativa. Il triangolo costituito dalle tre masse si muoverà lungo un’orbita attorno al Sole, viaggiando a 50 milioni di chilometri dalla Terra.
Non solo abbiamo verificato che le masse di prova sono sostanzialmente immobili, ma abbiamo anche identificato la gran parte delle debolissime forze che le disturbano e con precisione mai raggiunta prima – spiega Stefano Vitale dell’Università di Trento e Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, responsabile scientifico del LISA Technology Package, il cuore tecnologico della missione, realizzato anche con il contributo dell’Agenzia Spaziale Italiana – questi risultati straordinari mostrano che il controllo raggiunto sulle masse di prova è al livello richiesto per realizzare un osservatorio gravitazionale nello spazio.
I primi due mesi di dati mostrano infatti che, nel range di frequenze tra 60 mHz e 1 Hz, la precisione di Lisa Pathfinder è limitata solo dal rumore dei sensori del sistema ottico, usato per monitorare la posizione e l’orientamento delle masse di prova.
Alle  frequenze tra 1 e 60 mHz, il controllo delle masse è invece limitato dal piccolo numero di molecole di gas rimaste nel vuoto intorno ai cubi e che rimbalzano sulla loro superficie. Questo effetto è diminuito rendendo ancora più spinto il vuoto esistente e ci si aspetta possa essere ridotto ulteriormente nei prossimi mesi.
Infine a frequenze ancora più basse, inferiori a 1 mHz, gli scienziati hanno misurato una forza centrifuga che agisce sui cubi e dovuta alla forma dell’orbita di LISA Pathfinder, combinato con l’effetto del rumore nel segnale dello strumento usato per orientare la sonda. Questa forza che disturba lievemente il moto delle masse nella sonda, non sarebbe però un problema per un futuro osservatorio spaziale, dove ogni massa sarebbe collocata nella sua navicella e collegata con un laser alle altre, distanti milioni di chilometri.

I risultati di oggi mostrano quindi che LISA Pathfinder ha provato la fattibilità tecnologica e aperto la strada alla realizzazione di un osservatorio per onde gravitazionali nello spazio, che sarà realizzato come terza missione  di grande scala (L3) nel programma Cosmic Vision  dell’ESA. L’attività scientifica dell’intero LISA Technology Package continuerà fino alla fine di giugno 2016 e sarà seguita da tre mesi di operazioni del Disturbance Reduction System, fornito dalla NASA-JPL per validare la tecnologia aggiuntiva di future navicelle di questo tipo.

Le onde gravitazionali

Le onde gravitazionali, ipotizzate da Albert Einstein un secolo fa, sono oscillazioni del tessuto dello spazio-tempo, causate dall’accelerazione di corpi celesti di grande massa, si propagano nello spazio alla velocità della luce. Possono essere generate da fenomeni astronomici come le esplosioni di supernovae, stelle binarie che spiraleggiano l’una sull’altra o buchi neri che si fondono. Anche gli oggetti più massicci però? producono fluttuazioni, che nel viaggio fino alla Terra diventano segnali estremamente deboli, più piccoli di una parte su 1020.. Le tecnologie necessarie per registrare segnali così minuscoli sono estremamente sofisticate, come quelle degli interferometri gravitazionali Virgo e Ligo, le cui collaborazioni scientifiche hanno annunciato lo scorso febbraio di aver rivelato per la prima volta le onde gravitazionali. Il segnale osservato era stato generato da due buchi neri, ognuno con una massa pari a circa trenta volte quella del Sole, che hanno spiraleggiato l’uno verso l’altro per circa 0,3 secondi (non mi ricordo questo tempo), prima di fondersi in un unico buco nero, ancora più gigantesco.
Questo segnale aveva una frequenza di circa 100 Hz, ma in realtà le onde gravitazionali occupano uno spettro di frequenze molto ampio. Le oscillazioni di frequenza più bassa sono prodotte in particolare da eventi ancora più straordinari, come le fusioni di buchi neri supermassivi, con masse pari a milioni di miliardi quella del Sole e situati al centro delle galassie. La loro fusione si verifica nello scontro di grandi galassie e rilascia un’enorme quantità di energia sotto forma di onde gravitazionali.
Per rivelare eventi di questo tipo e sfruttare pienamente il campo di esplorazione aperto dalla recente scoperta delle onde gravitazionali è cruciale riuscire a registrare anche le onde di bassa frequenza, tra 0,1 mHz e 1 Hz. Per fare questo è necessario registrare minuscole variazioni di distanza tra oggetti posti a milioni di chilometri l’uno dall’altro: una situazione realizzabile solo nello spazio, dove un osservatorio sarebbe anche libero dai disturbi sismici, termici e della gravità terrestre, che limitano necessariamente gli esperimenti a terra.

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