La malattia di Parkinson, di cui Muhammad Ali soffriva da oltre 30 anni, è un disturbo del sistema nervoso centrale, causato dalla degenerazione di alcuni neuroni, predisposti alla produzione di un neurotrasmettitore chiamato dopamina, situati nella parte del cervello denominata sostanza nera. La dopamina – ricorda l’Osservatorio malattie rare – è responsabile dell’attivazione del circuito che controlla il movimento e quando viene a mancare una quantità elevata di neuroni dopaminergici è carente la corretta e adeguata stimolazione dei recettori, situati nella zona del cervello detta striato, con conseguente disturbo del sistema motorio. La riduzione e la scomparsa di questi neuroni non ha ancora una spiegazione e lascia aperto il dibattito in campo scientifico. In base alla zona maggiormente colpita dalla carenza dei neuroni si hanno diverse possibili denominazioni della malattia.
Si definisce come ‘malattia di Parkinson‘ quando la zona interessata è la sostanza nera e il locus ceruleus, si parla invece di demenza quando viene colpita in modo esteso la corteccia e di atrofia multisistemica quando vengono colpiti i sistemi nervosi che innervano i visceri. Tra i primi sintomi, e tra i più noti, di questa malattia c’è il tremore. Sintomo che generalmente colpisce gli arti, in particolare le mani, da un solo lato, tende a manifestarsi quando la mano è ferma, abbandonata, a riposo. Il tremore da solo non basta tuttavia al medico per stabilire diagnosi di malattia di Parkinson. Altri sintomi caratteristici che si rilevano nei pazienti sono rigidità e lentezza dei movimenti. Inoltre posso comparire, subito o in momenti successivi, disturbi dell’equilibrio, atteggiamento curvo e impaccio nell’andatura. Uno dei motivi, oltre al tremore, che fa ricorrere al consulto di un medico è la debolezza e la perdita di forza. In genere non si associa questo sintomo immediatamente al tremore, ma è una difficoltà di cui molti pazienti si lamentano.
A oggi non esiste una terapia in grado di guarire dalla malattia di Parkinson. Esistono però varie tipologie di farmaci in grado di migliorare la qualità della vita dei pazienti. Il farmaco più conosciuto e utilizzato è la L-Dopa, che viene trasformato in dopamina e va a compensare la mancanza dei neuro-ricettori. Con il tempo sono stati sviluppati altri tipi di farmaci come l’amantadina e la bromocriptina. In genere questi farmaci vengono alternati, all’interno del piano terapeutico, per evitare e ridurre eventuali effetti collaterali. All’interno della terapia sono utilizzati anche medicinali detto dopamino-agonisti, che hanno la funzione di coadiuvare la L-Dopa. Esiste poi la possibilità chirurgica, utilizzata però solo nei casi di tremore grave e resistente alle classiche terapie medicinali. Da una ventina di anni si stanno inoltre approfondendo gli studi e le ricerche a base genetica. L’obiettivo è quello di arrivare all’induzione della produzione di un enzima che stimoli la produzione di dopamina, grazie ad un trapianto di geni. Recentemente un gruppo di ricercatori italiani ha scoperto un gruppo di marcatori che sono in grado di dare un segnale precoce dell’insorgenza della malattia di Parkinson. In questo modo si potrebbe arrivare in breve tempo alla messa a punto di un esame del sangue che permetterebbe la diagnosi di presenza del morbo in tempi assai più brevi e in largo anticipo rispetto ai metodi standard. Altra strada è quella della stimolazione cerebrale profonda attraverso speciali device che hanno dato risultati positivi. Promettente il filone di ricerca sulle cellule staminali: entro il 2018 si prevede inizieranno i test sull’uomo.