Negli ultimi giorni, tutti noi siamo venuti a conoscenza di un terribile episodio di cronaca: Vincenzo, 27 anni, ha seguito ed ucciso una 22enne, sua ex fidanzata. Nonostante la ragazza, Sara, fosse a conoscenza dello stato d’animo dell’ex, con cui poche ore prima aveva avuto una accesa discussione, non ha (ovviamente) pensato di disattivare le funzioni del suo telefonino che l’hanno resa rintracciabile. Un dettaglio, piccolo, di cui ci accorgiamo con il senno di poi, che forse avrebbe potuto salvarla. Il fidanzato ha confessato, ma non ha ammesso esplicitamente quale escamotage o quale applicazione abbia usato per localizzare la ragazza. Non abbiamo dubbi però, sul fatto che sia estremamente facile, un po’ troppo forse, sapere in tempo reale e con precisione, gli spostamenti di praticamente chiunque abbia uno smartphone con se. Probabilmente ne siamo consapevoli ma è un concetto che sottovalutiamo, per cui il problema non è la tecnologia, ma la nostra condotta, che molto spesso ci porta a condividere la nostra posizione di nostra spontanea volontà.
In questo particolare caso, l’applicazione è probabilmente la famosa “Trova il mio iPhone“: a Vincenzo sarà bastato accedere al cloud di Apple con la password della fidanzata. Non dobbiamo dimenticare inoltre che iCloud include fotografie e messaggi: Vincenzo, oltre a rintracciare Sara quella notte, potrebbe essere stato in grado di monitorare la galleria e le chat, venendo a conoscenza di particolari che possono aver contribuito ad alimentare la sua rabbia. Generalizzando, la privacy sui Social Network è un argomento davvero delicato, dobbiamo fare attenzione a strumenti e servizi che ci rendono la vita più facile e gradevole: non hanno di per sé niente di pericoloso, ma vanno usati con consapevolezza.