Il Comitato italiano del caffè esprime “soddisfazione perché sono confermati gli esiti positivi dei numerosi studi e metanalisi pubblicati dopo l’ultima valutazione Iarc del 1991, in base ai quali gli esperti escludono evidenze di rischio, ma anzi valutano un possibile ruolo protettivo nei confronti di alcune forme di cancro, ad esempio quello al fegato e all’endometrio“. Lo sottolinea Mario Cerutti, presidente del comitato, commentando la classificazione del caffè, da parte dell’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, nel gruppo 3 ‘non classificabile come cancerogeno per l’uomo’.
“Una vasta letteratura scientifica -prosegue Cerutti- riporta i numerosi benefici associati a un moderato consumo di caffè su ulteriori importanti aspetti della fisiologia umana: dalla memoria alla concentrazione, dalla performance fisica al rallentamento del fisiologico declino cognitivo legato all’età, dalla riduzione del rischio di malattie neurodegenerative (come ad esempio il morbo di Alzheimer e la malattia di Parkinson) a una forte azione preventiva e protettiva nei confronti del diabete di tipo 2 e di alcune malattie del fegato tra cui cirrosi, steatosi ed epatite“. “Il caffè, assunto quotidianamente in sicurezza per centinaia di anni -conclude- è parte integrante della storia e della cultura nel nostro Paese; il suo consumo è fortemente radicato nei costumi alimentari degli italiani, che si esprimono attraverso le pratiche e i valori della dieta mediterranea, riconosciuta tra le migliori del mondo. Un’assunzione moderata di caffè, tipicamente 3-5 tazzine al giorno, come indicato dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) nel suo parere sulla sicurezza della caffeina, viene associata nella letteratura scientifica a una serie di benefici fisiologici e può far parte di una dieta sana ed equilibrata e di uno stile di vita attivo“.