Tumori: guarire il cancro salvando il cuore, primato IEO Milano

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Zero casi di malattie cardiache, zero morti. All’Istituto europeo di oncologia di Milano dal cancro si può guarire senza avvelenare il cuore: un primato certificato da uno studio pubblicato su ‘CA: A Cancer Journal for Clinicians‘ online, da domani 1 luglio anche sulla versione cartacea della rivista con il maggiore impatto scientifico al mondo, annunciano dall’Irccs fondato da Umberto Veronesi. Oltre un terzo di chi soffre di un tumore sviluppa problemi di cardiotossicità legati alle cure, mentre “in più di 3.800 pazienti seguiti per 10 anni la Cardioncologia Ieo ha ottenuto il record di zero episodi e zero decessi per malattie cardiovascolari“.

“Il 35% dei pazienti oncologici sviluppa problemi cardiovascolari a causa dei trattamenti antitumorali, con un impatto significativo sulla mortalità e la qualità di vita – sottolinea Carlo Cipolla, direttore della Divisione di Cardiologia dell’Ieo – Per esempio, le malattie del cuore sono la principale causa di morte nelle pazienti con cancro al seno con età superiore ai 50 anni. E ancora: negli Stati Uniti si stima che tra gli oltre 14 milioni di persone che hanno superato una diagnosi di cancro (i cosiddetti ‘survivor’, i sopravvissuti), il rischio di morire per una malattia cardiovascolare è superiore per alcune forme di tumore a quello di una recidiva. Eppure i danni al cuore sono per lo più ignorati dagli oncologi e la loro reale dimensione è in gran parte ancora sconosciuta“. “Cardioncologia – racconta Cipolla – è un neologismo coniato nel 1995 da noi medici Ieo per definire un nuovo ambito di ricerca medica a cavallo tra le due discipline cardiologia e oncologia“. E così, dopo aver denunciato per primi le ‘relazioni pericolose’ fra cancro e cuore, nel 2009 i cardiologi Ieo hanno ideato e lanciato la nuova disciplina con il primo Congresso mondiale di cardioncologia, in collaborazione con il MD Anderson Cancer Center di Houston negli Usa, e la costituzione della International Cardioncology Society (Icos).

La cardiotossicità è una complicanza molto comune e può compromettere l’efficacia delle terapie anticancro – dice Daniela Cardinale, direttore dell’Unità di Cardioncologia dell’Ieo – Ma nella pratica clinica quotidiana viene diagnosticata troppo tardi, quando c’è già stato un danno funzionale al cuore. Perciò abbiamo sviluppato un nuovo approccio per individuare in anticipo, addirittura in fase preclinica, gli eventuali problemi cardiaci e somministrare farmaci in grado di prevenirli“. La Cardioncologia dell’Irccs lombardo ha messo a punto procedure specifiche che prevedono la valutazione dei valori di biomarcatori cardiaci (la proteina Troponina I e l’ormone NT-proBNP) e di un ecocardiogramma. Ai pazienti che durante le cure anticancro presentano l’innalzamento dei marker ‘spia’ di sofferenza cardiaca viene quindi somministrata una terapia preventiva con Ace-inibitori e betabloccanti. Un protocollo-scudo che ha permesso appunto di “ridurre a zero l’incidenza di malattie cardiovascolari nei pazienti Ieo trattati con chemioterapia“. “Una parte importante del nostro lavoro – continua Cardinale – è dedicato ai pazienti fragili per i quali abbiamo sviluppato un protocollo ad hoc. L’aumento dei survivor, l’invecchiamento della popolazione e la sempre maggiore incidenza di malattie oncologiche e cardiovascolari hanno creato una popolazione crescente di persone che presentano contemporaneamente una patologia cardiovascolare e un tumore che da un lato sono escluse dai trattamenti o interventi cardiologici intensivi, e allo stesso tempo anche dalle terapie oncologiche più aggressive, potenzialmente più efficaci, perché ritenuti pazienti a rischio troppo elevato“.

Questo atteggiamento rinunciatario, tuttavia – avverte l’esperta – può avere un impatto negativo sulla prognosi di entrambe le malattie, mentre un approccio medico integrato fra cardiologo e oncologo permette al paziente di essere curato con più efficacia e più sicurezza“. Ecco perché “il protocollo speciale per questi pazienti prevede una stretta sorveglianza cardiaca, ma soprattutto una condivisione tra cardiologi e oncologi del percorso terapeutico del paziente, passo per passo. Ad oggi sono stati trattati con questa procedura più di 350 pazienti con malattie cardiache preesistenti al tumore, con risultati molto incoraggianti: le cure oncologiche hanno potuto essere somministrate senza alcun impatto negativo sulla situazione cardiovascolare“.

La cardiotossicità è un grande limite nella gestione del malato oncologico perché può interferire con le dosi e la tempistica di terapie salvavita – conferma Giuseppe Curigliano, direttore della Divisione Sviluppo di nuovi farmaci per terapie innovative dell’Ieo – Inoltre in alcuni casi, anche al di là dei pazienti fragili, l’oncologo rinuncia a una cura potenzialmente efficace se percepisce un elevato rischio cardiovascolare. Ma non per questo coinvolge il cardiologo. L’Ieo è per la sua cultura un’isola felice, ma nel mondo dell’oncologia medica – osserva l’esperto – il principio di una decisione condivisa e multidisciplinare con il cardiologo fa fatica a prendere piede. Il quadro sta cambiando anche grazie alla presa di posizione di organizzazioni di livello mondiale, come la European Society for Medical Oncology (Esmo) o l’American Society of Clinical Oncology (Asco), che stanno sviluppando diverse linee guida cliniche. E la nostra pubblicazione darà un contributo importante in questa direzione“.

Anche la ricerca, oltre alla clinica – considera ancora Curigliano – richiede un approccio collaborativo per definire ad esempio come possiamo predire la cardiotossicità anche su basi genetiche, o qual è la miglior strategia preventiva. Sebbene il futuro dei farmaci oncologici appaia sempre più orientato all’immunoterapia o terapie molecolari mirate su bersaglio biologico, la chemioterapia rimane attualmente un caposaldo per la cura delle più diffuse forme tumorali e ignorarne la cardiotossicità significa far perdere ai malati di oggi una chance in più di guarigione“. “I risultati eccellenti che abbiamo ottenuto infrangendo barriere culturali granitiche ci spingono a sviluppare nuovi studi – conclude Cipolla – Ad oggi conosciamo la potenziale cardiotossicità dei principali chemioterapici (antracicline, taxani) e di molti di farmaci di nuova generazione (anticorpi monoclonali, antiangiogenetici, inibitori delle tirosin chinasi), ma non sappiamo quasi nulla ad esempio dell’effetto sul cuore di questi farmaci combinati e molto resta da scoprire dal monitoraggio cardiologico dei pazienti in terapia. Per estendere i suoi benefici al maggior numero possibile di pazienti, la cardioncologia deve ampliare i suoi orizzonti entrando stabilmente a far parte del bagaglio culturale di medici oncologi e ricercatori“.

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