Cinque lunghi anni di viaggio: la sonda spaziale Juno finalmente faccia a faccia con Giove

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La sonda spaziale Juno è entrata nell’orbita di Giove alle 11:53 ora di Miami (le 05:53 ora italiana) ed è pronta ad esplorare il più grande pianeta del sistema solare con i suoi 9 preziosissimi strumenti scientifici: la Nasa ha festeggiato il successo della missione da oltre 1 miliardo di dollari iniziata cinque anni fa. “Siamo dentro“, ha urlato Scott Bolton, responsabile della missione. “Siete la migliore squadra di sempre -ha detto ai colleghi – Avete appena realizzato la cosa più difficile mai fatta dalla Nasa“.

Per 35 minuti la sonda alimentata a energia solare ha acceso il suo motore principale collocandosi in un’orbita polare, con un periodo di 11 giorni rispetto al gigante gassoso. Arrivata finalmente faccia a faccia con Giove, la sonda spaziale Juno della Nasa è chiamata a svelare alcuni dei misteri che ancora lo circondano: tra questi, l’origine della sua magnetosfera.

Una missione storica – ha dichiarato il presidente dell’Agenzia spaziale italiana, Roberto Battiston, alla vigilia – che vede ancora una volta Nasa e Asi insieme alla ricerca di informazioni fondamentali per spiegare le origini del sistema solare, e quindi anche la genesi della Terra“.

Credit: NASA/JPL-Caltech
Credit: NASA/JPL-Caltech

Juno (JUpiter Near-polar Orbiter), lanciata il 5 agosto del 2011, è la seconda missione del programma New Frontiers dell’ente spaziale statunitense ed il suo obiettivo è lo studio dell’origine e dell’evoluzione del pianeta Giove. Raggiunta la sua destinazione, la sonda, che la Nasa ha battezzato con il nome della potente dea Giunone, studierà i campi gravitazionali e magnetici del ‘suo’ Giove, ed esplorerà l’atmosfera del pianeta gassoso, misurando l’abbondanza di acqua e cercando di determinare la struttura interna del pianeta, alla ricerca della prova della presenza di un nucleo solido. Per raggiungere i suoi ambiziosi obiettivi, la missione farà uso di una suite di strumenti scientifici. E l’Italia ha un ruolo importante in questo viaggio da record: il cuore di Juno, infatti, è italiano ed è lo spettrometro Jiram (Jovian InfraRed Auroral Mapper), finanziato dall’Agenzia Spaziale Italiana (Asi), realizzato da Leonardo-Finmeccanica a Campi Bisenzio e operato sotto la responsabilità scientifica dell’Istituto di Astrofisica e Planetologia Spaziali (Iaps) dell’Inaf. L’altro componente italiano di Juno è KaT (Ka-Band Translator), realizzato da Thales Alenia Space (joint venture tra Thales e Leonardo) con il supporto del team scientifico dell’Università di Roma ‘La Sapienza’ e finanziato dall’Agenzia Spaziale Italiana. Leonardo ha anche fornito il sensore d’assetto Autonomous Star Tracker, anch’esso realizzato a Campi Bisenzio, che ha guidato Juno nei suoi quasi 3 miliardi di chilometri di viaggio verso l’orbita gioviana, dove continuerà a inviare informazioni sulla posizione della sonda, permettendole di mantenere sempre la rotta prestabilita.

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