Fecondazione in vitro, uno studio tranquillizza: non aumenta il rischio di cancro al seno

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Da sempre le donne che si sottopongono a fecondazione in vitro si preoccupano del fatto che la procedura possa aumentare il rischio di cancro al seno. Dopo tutto, il trattamento richiede di accrescere temporaneamente i livelli di alcuni ormoni sessuali da 5 a 10 volte rispetto al normale, attraverso una terapia farmacologica. E due di questi ormoni, gli estrogeni e il progesterone, possono influenzare l’insorgenza di alcuni tipi di tumore al seno. A tranquillizzare ci pensa il più grande studio mai effettuato sul tema, che appare sul ‘Journal of the American Medical Association‘ (Jama). Più di 25.000 donne olandesi, con un’età media di 32,8 anni quando hanno iniziato il trattamento di Pma, tra il 1980 e il 1995, sono state seguite per un periodo medio di 21 anni. I ricercatori hanno preso in considerazione un elenco esaustivo di fattori legati a un più alto rischio di cancro, tra cui l’età di ogni donna al momento in cui ha dato alla luce il suo primo figlio, il numero complessivo di figli e il numero di tentativi di fecondazione assistita.

Ebbene, il mega-studio non ha rilevato alcun aumento del rischio di cancro tra le donne sottoposte a procreazione medicalmente assistita, comprese quelle che hanno subìto trattamenti meno intensivi per migliorare la fertilità. Sorprendente, e da approfondire, il dato secondo cui il pericolo di tumore al seno è risultato significativamente più basso tra le donne che hanno seguito 7 o più cicli di Pma, rispetto a quelle che ne hanno eseguiti 1 o 2. “Questo è rassicurante, perché si potrebbe pensare che se si fanno 10 tentativi il rischio possa essere più elevato“, ha detto al New York Times Owen Davis, presidente della American Society for Reproductive Medicine. Lo studio ha anche mostrato che le donne che hanno risposto male alla stimolazione ovarica nel primo tentativo giovano di una diminuzione del rischio di cancro al seno. Gli autori comunque continuano a seguire e ad arruolare pazienti nel loro studio per approfondire meglio il quadro della situazione in età post-menopausa.

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