Il gelato è questione di scienza, fisica e chimica. Il gelato sembra un prodotto semplice, latte e/o panna, zucchero, più il gusto (frutta, cioccolato). E le uova se è alla crema. Il tutto, mescolato e raffreddato. Eppure il gelato è una miscela complessa, che si trova in uno stato della materia studiato solo di recente, quello soffice, uno degli alimenti più famosi del mondo rimaneva, per la scienza, un piccolo enigma. Né solido né liquido, freddo ma non ghiacciato, difficile da ottenere e complicato da conservare.
Davide Cassi, docente di fisica dell’alimentazione all’Università di Parma, spiega che è la coesistenza di 3 miscugli: una sospensione, un’emulsione e una schiuma» dice Cassi. La prima è formata da un liquido, la parte acquosa del latte, la frutta, lo sciroppo, che ha all’interno particelle solide: i cristalli di ghiaccio. «L’emulsione è data invece dalla presenza dei grassi, liquidi o semiliquidi, presenti nel latte o nell’uovo. E la schiuma deriva dall’inglobamento di bollicine d’aria alla massa semiliquida» spiega Cassi.
C‘è tanta differenza tra gelato industriale e quello artigianale, la sensazione di velluto sulla lingua tipica di alcuni gelati artigianali e molto marcata in quelli industriali tipo soft. Nel gelato artigianale l’aria è introdotta mescolando vigorosamente gli ingredienti durante il raffreddamento: è il lavoro che una volta si faceva a mano e che oggi fanno le macchine gelatiere, grazie alle speciali pale che fanno salire e ricadere l’impasto durante la rotazione. Il gelato industriale, invece, è prodotto insufflando aria compressa dentro il mix di ingredienti: in questo modo si passa dalla percentuale d’aria intorno al 30% del volume nell’artigianale al 150% dei coni soft» spiega Cassi.
L’aria rimane intrappolata più a lungo nel gelato se oltre alle proteine di latte e uova (che formano una specie di rete) ci sono più grassi (totalmente assenti, invece, nei sorbetti) e qualche emulsionante: «Quest’ultimo ricopre le molecole dei due liquidi insolubili agganciandole le une alle altre: così si crea una struttura che si gonfia d’aria senza collassare» spiega Cassi. La presenza di molta aria fa anche diminuire la sensazione di freddo sulla lingua. E questo, per il gusto, può essere un vantaggio. Raffreddandosi, nella miscela-gelato si formano cristalli di ghiaccio: più questi cristalli sono piccoli e ben diffusi, meno riusciranno ad anestetizzare le papille gustative della lingua, permettendo di sentire il sapore con la giusta intensità.
Non solo, cristalli piccoli danno alla pasta una consistenza cremosa e non sabbiosa. Ottenerli, quindi, è l’obiettivo dei gelatieri, che sfruttano due tecniche: mescolamento e velocità di raffreddamento. «L’acqua in movimento di una cascata impiega molto più tempo a formare un blocco di ghiaccio unico rispetto a quella ferma di uno stagno, a parità di temperatura» spiega Dario Bressanini, chimico ricercatore all’Università dell’Insubria a Como. Ecco perché bisogna mescolare con vigore il gelato. «E il raffreddamento rapido blocca i cristalli prima che abbiano il tempo di crescere». Così, un macchinario che mescola e raffredda tutta la miscela in modo uniforme, intorno ai –15 °C, crea il gelato dal gusto (quasi) perfetto.