Dopo un viaggio di quasi cinque anni, iniziato il 5 agosto 2011, e di circa tre miliardi di chilometri, la sonda spaziale JUNO è arrivata a destinazione. Alle 20:53 del 4 luglio 2016 (ora della California – in Italia erano le 05:53 di oggi), JUpiter Near-polar Orbiter è entrata correttamente nell’orbita del pianeta più grande del Sistema Solare con una delicata manovra che ha richiesto l’accensione del motore principale per 35 minuti, in modo da frenare la sua corsa ed effettuare il JOI (Jupiter Orbit Insertion). E ora per la sonda della NASA inizia un intenso programma esplorativo, che si basa su una serie di fly-by – ne sono previsti 37 – in cui si avvicinerà a Giove più di quanto abbia mai fatto in precedenza un qualsiasi altro veicolo spaziale.
JUNO quindi scenderà al di sotto della coltre di nubi del pianeta, sì immergerà nella magnetosfera e nelle sue aurore polari. Con queste manovre la sonda potrà misurare l’abbondanza di acqua nell’atmosfera, studiare il movimento dei fluidi, mappare i campi gravitazionale e magnetico del pianeta e indagare sulla sua struttura interna.
Di grande rilievo il contributo italiano alla missione, come ha sottolineato Barbara Negri, Responsabile Unità Osservazione dell’Universo dell’ASI: “I due strumenti italiani a bordo del satellite JUNO, realizzati dall’ASI, rappresentano un esempio dieccellenza scientifica e tecnologica. Lo strumento JIRAM (Jovian InfraRed Auroral Mapper) è stato progettato per studiare la dinamica e la chimica delle aurore gioviane nel vicino infrarosso. A differenza di altri strumenti di questo tipo che si trovano a bordo di altre missioni planetarie, questo è il primo che funziona su di satellite spinnato. E’ anche il primo strumento che usa un sistema di raffreddamento passivo e che si trova ad operare in un ambiente caratterizzato da forti radiazioni”. “L’esperimento di radioscienza – ha aggiunto Barbara Negri – ha il compito di studiare la struttura interna del pianeta e si pone come obiettivo scientifico la mappatura del campo di gravità di Giove. Lo strumento chiave dell’esperimento è il transponder in banda Ka (KaT) fornito dall’ASI e realizzato da Thales Alenia Space. Il transponder KaT fornisce un collegamento in banda Ka two-way con la stazione di terra per misure accurate di distanza e velocità”.
“JUNO è una missione storica che vede ancora una volta NASA e ASI insieme alla ricerca di informazioni fondamentali per spiegare le origini del Sistema Solare – ha dichiarato il Presidente dell’ASI Roberto Battiston – Lo studio di Giove è anche una grande sfida scientifica e tecnologica a cui l’Italiapartecipa con due strumenti all’avanguardia grazie all’INAF e a industrie come Leonardo Finmeccanica e Thales Alenia Space”. “Questa missione – ha concluso Battiston – dimostra come la comunità scientifica italiana giochi un ruolo di primissima importanza, inoltre la partnership storica con la NASA si è dimostrata una cruciale opportunità di crescita sia delle aziende che dei ricercatori italiani. Lavorare fianco a fianco con l’agenzia spaziale numero uno al mondo ha permesso un salto di qualità immenso per il sistema paese, sia per la capacità tecnologica che per il nostro capitale umano”.
“Finalmente dopo undici anni di lavoro di cui 5 di viaggio attraverso lo spazio siamo finalmente a Giove, la meta tanto attesa! – ha commentato Alberto Adriani dell’INAF, Principal Investigator dello strumento JIRAM –“E adesso arriva il bello: non vediamo l’ora di accendere i nostri strumenti e raccogliere i primi dati scientifici, che ci permetteranno di svelare molti aspetti ancora ignoti del più grande e ostile di tutti i pianeti del nostro Sistema solare!“