Probabilmente ci troviamo di fronte una delle più grandi ondate di calore mai osservate in Medio Oriente. Non solo per la presenza di isoterme a dir poco eccezionali nella libera atmosfera, con una +38°C a 850 hpa (circa 1600 metri) sopra i cieli dell’Iraq meridionale e del Kuwait. Il picco assoluto di questa eccezionale fase di caldo feroce si è raggiunto nella giornata di giovedì 21 Luglio 2016, quando in varie località fra l’Iraq meridionale e l’entroterra desertico kuwaitiano la colonnina di mercurio, grazie al soffio dei “bollenti” venti da NO, è riuscita a sfondare il fatidico muro dei +53°C all’ombra, persino in città come Bassora. Ma il dato più impressionante è quello riferito alla temperatura massima di Mitribah, finalmente confermato dal servizio meteorologico kuwaitiano, che nel pomeriggio di giovedì 21 Luglio 2016 ha fatto registrare un picco di ben +54.0°C all’ombra.
Tale valore, in un solo colpo, oltre a battere il record assoluto di caldo del 2016 e stabilire il record nazionale di caldo kuwaitiano, è riuscito praticamente ad eguagliare niente meno che il record assoluto di caldo mondiale finora detenuto dalla Death Valley, la località più “bollente” della Terra, nel cuore dei deserti degli USA sud-occidentali. In realtà nel Luglio del 2013 la Death Valley ha registrato un valore estremo di ben +129,2 Fahrenheit, che corrispondono esattamente a circa +54.0°C, ossia lo stesso valore di temperatura massima registrato lo scorso giovedì a Mitribah (quindi in sostanza eguaglia il record della Death Valley).
Negli Stati Uniti convenzionalmente non si ha la tradizione di utilizzare i decimali, e per tale regione ufficiosamente i +129,2 Fahrenheit della Death Valley corrispondono a +53,9°C. Per questo piccolo difetto di conversione, da Fahrenheit a gradi Celsius, abbiamo una piccola differenza di appena +0,1°C dettata proprio dall’utilizzo delle due differenti unità di misura. Nonostante queste piccole differenze fra gradi Celsius e Fahrenheit la stazione meteorologica di Mitribah torna nuovamente alla ribalta per aver riscritto una nuova pagina di storia della climatologia mondiale. Ma non è finita qua.
Questa incredibile temperatura massima, veramente infernale, ha superato pure ogni precedente record assoluto di caldo dell’intero continente asiatico, persino quelli stabiliti in Pakistan durante la tremenda ondata di calore del Maggio del 2010, annata di caldo infernale in tutta l’Asia e l’Africa sub-sahariana a seguito di una forte fase di “Nino” sul Pacifico equatoriale che aveva fortemente surriscaldato i mari tropicali. A scanso di equivoci abbiamo il dovere di sottolineare come il nuovo record assoluto di caldo per l’Asia stabilito lo scorso giovedì 21 Luglio 2016 da Mitribah sia da considerare valido e attendibile, dato che la stazione della località kuwaitiana, come confermato anche dal servizio meteorologico del Kuwait è a norma WMO. La stazione quindi non ha difetti e funziona molto bene.
Più che altro, per spiegare un dato cosi estremo, per non dire impressionante, bisogna andare a vedere la particolarità del territorio e del microclima che caratterizza la località kuwaitiana, che spesso vanta delle performance davvero uniche. Difatti quello di Mitribah, come la vicina Sulaibya, è un caso particolare, dove è possibile raggiungere dei picchi di caldo cosi estremi, degni della Death Valley, in determinate situazioni, come quella che si è venuta a creare lo scorso giovedì 21 Luglio 2016.
L’area attorno Mitribah è circondata dalle alte dune del deserto interno kuwaitiano, che spesso vengono alterate a spostate dalle forti tempeste di sabbia prodotte dallo “shamal”, il torrido e impetuoso vento nord-occidentale che domina tutto l’anno, soprattutto d’estate, su buona parte dei deserti di Iraq, Kuwait e nord dell’Arabia Saudita. In pratica le dune di sabbia circostanti, molto alte, riescono a creare una situazione particolare schermando l’area da ogni interferenza più fresca proveniente dall’esterno (brezze termiche di mare).
Per questo motivo qui l’aria molto calda e piuttosto secca che si origina sui deserti circostanti si affossa e si surriscalda ulteriormente, con tanto di effetto di “compressione” (favonizzazione), senza mai riuscire a rimescolarsi con masse d’aria di origine marittima, sovente più temperate, anche se le temperature delle acque superficiali del Golfo Persico hanno ormai raggiunto il valore di quasi +37°C +38°C.
Si viene così a creare un particolare microclima che in determinate situazioni, come quella di giovedì scorso, quando i sostenuti venti da NO e N-NO spingevano verso la costa kuwaitiana tutta l’aria “bollente” accumulata in pieno giorno sopra le vaste superfici desertiche dell’Iraq meridionale e Kuwait, fanno schizzare i termometri oltre il muro dei +50°C +52°C, mentre nelle altre località kuwaitiane le temperature non vanno oltre il limite dei +48°C +49°C. Ma per i record non è finita qui.
Fra giovedì e la giornata di ieri valori massimi prossimi ai +49°C +50°C si erano già registrati pure in prossimità della costa kuwaitiana, grazie al soffio dei roventi venti nord-occidentali, che trascinavano l’aria caldissima accumulata sopra il grande deserto iracheno e kuwaitiano. A dimostrazione del fatto che per raggiungere picchi cosi notevoli occorre la presenza della “rovente” ventilazione da N-NO o Nord-Ovest che trasporta l’aria infuocata desertica fino alle coste che si affacciano sul Golfo Persico. Non è un caso se il gran caldo è accompagnato e anche incentivato dai torridi e “bollenti” venti da NO, o N-NO, che raccolgono l’aria molto calda e secca preesistente sopra i deserti dell’Iraq centrale.
Ma quali sono le condizioni climatiche ideali che fanno impennare i termometri oltre il muro dei fatidici +50° in Medio Oriente?
Generalmente il muro dei +50°C all’ombra in Iraq, come sul Kuwait, in Arabia Saudita e negli altri paesi che si affacciano sulle coste occidentali del golfo Persico, si abbatte proprio in questo periodo dell’anno, nel cuore dell’estate boreale, durante il predominio dell’anticiclone sub-tropicale permanente che sposta il proprio baricentro dalla penisola Arabica verso l’area del Medio Oriente.
In concomitanza con la risalita verso nord, tra i 25° N e i 35° N, dell’estesa cintura anticiclonica sub-tropicale, anche il ramo principale della “corrente a getto sub-tropicale” è costretto a transitare a latitudini ancora più elevate, tra l’Europa e l’Asia centro-settentrionale, con un andamento spesso molto ondulato. L’assenza del passaggio del ramo della “getto sub-tropicale” favorisce una persistenza dei regimi anticiclonico dinamici in quota, con il conseguente accumulo di masse d’aria molto calde e secche, d’estrazione sub-tropicale continentale, fino alla media troposfera che innalzano i geopotenziali su valori elevatissimi (forte stabilità atmosferica).
Alla quota di 850 hpa, tra l’area pakistana e i deserti del Medio Oriente, si possono osservare isoterme di +32°C +33°C, nei casi più estremi anche sono evidenti anche termiche di +35°C +36°C se non pure superiori. Tutto questo accumulo di calore fino alla media atmosfera origina un ulteriore surriscaldamento delle masse d’aria presenti nei bassi strati, indotto anche dai fenomeni di “Subsidenza atmosferica” (correnti discendenti che comprimono l‘aria nei bassi strati, scaldandola e deumidificandola ulteriormente) tipici dei regimi anticiclonici.
Se a ciò poi aggiungiamo la continua insolazione diurna su vastissime distese desertiche, vista la totale serenità dei cieli, e la presenza di aria secchissima in prossimità del suolo, è normale poi che i deserti del Medio Oriente si trasformano in autentici forni a cielo aperto, dove diventa veramente difficile sopravvivere se non si è addestrati o abituati a simili condizioni climatiche cosi estreme.
Quando la calura soffocante raggiunte picchi cosi estremi è sempre accompagnata da tassi di umidità relativa molto bassi, che possono scendere anche al di sotto della soglia minima del 5 % 4 % nelle ore centrali del giorno (il limite strumentale è del 3 %). In tali condizioni di caldo “torrido” e feroce diventa veramente difficile riuscire a svolgere qualsiasi tipo di attività umana.
Probabilmente solo le popolazioni arabe del Medio Oriente, abituate da secoli a convivere con il clima estremo del deserto, sono maggiormente predisposte a sopportare delle situazioni a dire poco estreme, apportando semplici accorgimenti. Fra questi, quello fondamentale, è di evitare l’esposizione al sole nelle ore centrali della giornata. Chi trasgredisce spesso può incorrere a colpi di calore che possono risultare letali.