Turismo: il Ciset Ca Foscari lancia quello delle origini e il pescaturismo

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Il turismo delle origini e quello legato alla pesca. Le potenzialità delle due forme di turismo sono analizzate da due contributi elaborati da Ciset Ca Foscari e contenuti nel rapporto sul turismo italiano coordinato da Cnr e Irss con il patrocinio del Mibact. L’analisi ‘Turismo delle origini. Quadro preliminare sulle potenzialità in Italia’ è stata realizzata da Damiano De Marchi ed Erica Migotto, mentre quella su ‘Pescaturismo e Ittiturismo. Nuovi prodotti di nicchia. Il caso delle coste veneziane’ da Sabrina Meneghello ed Erica Mingotto. Una start up nata in seno a Ciset ha dato il «la» alle ricerche sul turismo delle origini. Attualmente secondo il Ministero degli Esteri sono 4,5 milioni gli italiani residenti all’estero iscritti all’Aire, mentre l’intera comunità di oriundi, ossia di stranieri con origini italiane di seconda, terza o quarta generazione, conterebbe oltre 80 milioni di individui, che costituiscono il bacino di domanda da cui attingere i potenziali turisti delle origini. I principali mercati sono ovviamente i Paesi in cui si concentrano le ”comunità” più vaste, quali Brasile (25 milioni), Argentina (20 milioni) e Usa (17 milioni), senza dimenticare l’Europa (in particolare Francia, Svizzera, Germania) e l’Australia. Pur non potendo quantificare l’esatto numero di operatori specializzati nel turismo delle origini a livello internazionale, una ricerca online ha permesso di evidenziare che il panorama è piuttosto ricco, soprattutto su quei Paesi interessati nei secoli da fenomeni migratori: è il caso dell’Irlanda e della Scozia, anche se non mancano operatori che supportano la ricerca delle origini in Spagna, Paesi dell’Est Europa e Balcani. In Italia solo negli ultimi due anni alcuni operatori turistici hanno iniziato a intuire l’enorme potenziale di questo prodotto, con esperienze per lo più limitate ad alcune agenzie di viaggi e tour operator incoming.

pescaretilampedusaIl pescaturismo e l’ittiturismo sono considerati due importanti opportunità, fortemente promosse anche dalla Commissione Europea, a sostegno del settore della pesca. Attività che si trasformano in un nuovo prodotto con cui integrare l’offerta turistica nelle destinazioni costiere. I principali risultati emersi da uno studio svolto dagli autori sulla fattibilità dello sviluppo del pesca-ittiturismo lungo la costa veneziana. L’area di riferimento è in particolare quella del compartimento marittimo di Venezia, l’ambito compreso tra la voce del fiume Tagliamento a nord e il molo settentrionale della bocca di porto di Chioggia a sud (litorali di San Michele al Tagliamento, Caorle, Jesolo, Eraclea, Cavallino Treporti e lido di Venezia). Volendo, tuttavia, perfezionare ulteriormente tale stima, al fine di ricavare un’indicazione più verosimile di quanti sono potenzialmente interessati a svolgere nello specifico attività associabili al pesca – ittiturismo – un’escursione in barca o una cena in un locale tipico di pescatori -, è possibile ricondurre il dato a una domanda più ristretta: quasi 110.000 clienti, di cui 94.000 residenti (87%) e 14.000 turisti (13%). Tale stima rappresenta quindi il numero di fruitori potenzialmente attivabili dall’offerta di pesca-ittiturismo e che gli imprenditori ittici della costa veneziana possono effettivamente considerare come riferimento da un punto di vista strategico. Attraverso l’elaborazione di tre scenari – uno di breve (2016), uno di medio (2018) e uno di lungo periodo (2020) -, costruiti a partire dalla stima della domanda, è emersa una possibile evoluzione dell’offerta di pescaturismo, con verosimile crescita del numero di pescatori praticanti e delle escursioni organizzate. Esiste, quindi, un bacino di domanda più che sufficiente a garantire un adeguato ricavato per gli imprenditori, ma anche la possibilità di contare su un fatturato annuo compreso tra i 24.000euro e i 36.000euro. Si stima quindi che la spesa sostenuta dai fruitori per le escursioni di pescaturismo e altre attività ricreative sul territorio possa ammontare a circa 360mila euro nel breve periodo, per poi salire a 2,2 milioni di euro nel 2020, grazie a un maggior coinvolgimento dei turisti oltre che dei soli residenti. L’effetto nel territorio è maggiormente visibile nel lungo periodo quando aumenta la quota dei turisti sul totale della domanda. La destinazione può così beneficiare di un possibile allungamento della permanenza media (una notte) e, di conseguenza, di una spesa aggiuntiva destinata non solo all’escursione di pescaturismo ma anche alla ricettività e ad altri servizi fruibili in loco offerti da altri operatori. (AdnKronos)

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