Occhi elettronici puntati alle eccentriche star del cielo meridionale. Hanno un comportamento illogico che spinge gli esperti a riconsiderare le dinamiche di formazione e il ruolo giocato dai gas nello sviluppo dei sistemi planetari: sono le 24 stelle dall’habit contraddittorio che brillano alla spicciolata nell’Associazione Scorpius Centaurus – raggruppamento di astri giovani, caldi e massicci di classe spettrale OB – marcate strette dall’osservatorio ALMA.
Il radiointerferometro cileno dell’ESO ha effettuato una survey analizzando un campione di soggetti – alcuni delle dimensioni del Sole, altri grandi il doppio – e scoprendo che tra i corpi studiati quelli di massa maggiore vantano riserve di monossido di carbonio nei propri dischi detritici, un gas prodotto durante la genesi stellare che invece è assente attorno a stelle di taglia inferiore.
Il risultato – spiega l’Agenzia Spaziale Italiana – è in contraddizione con ogni aspettativa: secondo la logica infatti astri più grandi disperdono più velocemente i gas per mezzo dell’intensa radiazione ultravioletta, mentre consimili di stazza ridotta con emissioni più tenui tendono a trattenere per più tempo i materiali espulsi nel corso dei processi di formazione. La firma chimica al monossido di carbonio pertanto era del tutto inattesa.
Le analisi sono state compiute su un gruppo di stelle poste a poche centinaia di anni luce dalla Terra e di età compresa tra i 5 e i 10 milioni di anni – vecchie abbastanza da aver già formato dischi detritici e con le carte in regola per dar vita ad un sistema planetario. Il team di astronomi ha osservato le candidate per 10 minuti ogni notte per 6 notti nell’arco di 1 anno, realizzando così la mappa interferometrica alle lunghezze d’onda millimetriche più dettagliata ed estesa di sempre di un campione di dischi detritici stellari. Grazie ad un nutrito set di dati, gli scienziati hanno individuato la più grande riserva di monossido di carbonio mai vista con un singolo studio. Tre soggetti in particolare, tutti di massa due volte maggiore del Sole, hanno scorte sorprendenti.
Tra le ipotesi al vaglio – spiega l’Agenzia Spaziale Italiana – anche la possibilità che si tratti di accumuli di “seconda generazione”, formati dallo scontro di comete o attraverso l’evaporazione del mantello ghiacciato dalla superficie di grani di polvere stellare. Future osservazioni potranno chiarire il ruolo contraddittorio dei gas nei processi di formazione e sviluppo dei sistemi solari alieni.