Leggere il Parkinson negli occhi di chi si sta ammalando, prima che compaiano i sintomi tipici della patologia neurologica. E’ la speranza di un gruppo di ricercatori dell’University College di Londra, che in uno studio pubblicato su ‘Acta Neuropathologica Communications’ hanno descritto un test della retina candidato a diventare un sistema economico e non invasivo per la diagnosi ultra precoce della malattia dei tremori. La metodica è stata sperimentata con successo sui ratti: i primi segni di Parkinson sono risultati visibili 40 giorni prima che la malattia si manifestasse clinicamente. I dati sono ancora da confermare nell’uomo, ma i ricercatori sembrano ottimisti. “Si tratta di una possibile svolta nella diagnosi e nel trattamento di una delle patologie più invalidanti a livello mondiale – afferma Francesca Cordeiro dell’Ucl, autrice principale del lavoro – Potremo essere in grado di intervenire molto prima e in modo molto più efficace per trattare i pazienti colpiti da questa condizione devastante“. Non solo: la tecnica sarebbe utile anche per monitorare i malati in terapia e capire se il trattamento adottato sta funzionando o meno. Attraverso una luce proiettata sul fondo dell’occhio, il test analizza le cellule gangliari della retina (Rgc). L’esame permette di capire quante di queste cellule stanno andando incontro a morte programmata (apoptosi), e di evidenziare un eventuale rigonfiamento della zona. Pur premettendo che “la ricerca è ancora in fase iniziale – commenta alla Bbc online Arthur Roach, direttore della charity Parkinson Uk – disporre di un biomarcatore per il Parkinson potrebbe aiutare a diagnosticare la malattia in anticipo, quando i pazienti hanno più probabilità di beneficiare di trattamenti mirati a rallentare la progressione della patologia“.