SpaceX raddoppia: una seconda missione con equipaggio per la Stazione Spaziale

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SpaceX raddoppia. L’ambiziosa società guidata da Elon Musk ha ricevuto venerdì scorso dalla NASA l’ordine per la fornitura di una seconda missione con equipaggio per la Stazione Spaziale Internazionale. Nei piani dell’agenzia i due voli affidati a SpaceX insieme ai due che opererà Boeing serviranno a restituire agli astronauti NASA l’accesso all’orbita bassa da base americana e su mezzi propri.

Questi sistemi – spiega Kathy Lueders, direttore del Programma Crew commerciale dell’agenzia – garantiranno la rotazione di equipaggi statunitensi all’avamposto orbitante e serviranno anche da scialuppa di salvataggio della Stazione per un massimo di sette mesi“.

Si tratta del quarto e ultimo ordine garantito dalla NASA nell’ambito dei contratti del programma Capability Commercial Crew Transportation (CctCap). Boeing ha ricevuto i suoi due ordini a maggio e dicembre 2015, SpaceX nel novembre dello stesso anno. Il contratto di ogni provider comprende un minimo di due e massimo di sei missioni. Entrambe le società sono attualmente impegnate a costruire e testare l’hardware necessario per svolgere le prime prove di volo e quindi ottenere le certificazioni necessarie per mandare in orbita le proprie navicelle con i rispettivi sistemi di lancio.

La società di Musk – spiega l’ASI – si è guadagnata il nuovo ordine a valle del completamento delle tappe di sviluppo intermedie e della revisioni dei progetti del veicolo spaziale Dragon in versione crew, del razzo Falcon 9 e dei relativi sistemi di terra.

Nello stabilimento di SpaceX di Hawthorne, in California, sono attualmente in costruzione quattro navi Dragon v.2, due per le prove di qualifica e due per i voli di test in programma il prossimo anno. L’azienda sta lavorando anche all’adattamento dello storico complesso di lancio 39A del Kennedy Space Center della NASA, in Florida. Le future missioni con equipaggio per la ISS partiranno infatti dalla stessa rampa utilizzata dagli astronauti per le missioni Apollo e Shuttle.

Un volo ‘standard’ consentirà di portare in orbita fino a quattro astronauti e circa 1 quintale di carico pressurizzato. La capsula resterà ancorata alla stazione per tutto il tempo della missione, fino a un massimo di 210 giorni, servendo come scialuppa di salvataggio in caso di emergenza. Una volta che Boeing e SpaceX andranno ‘a regime’, sarà possibile aggiungere a bordo dell’avamposto un settimo membro all’equipaggio residente. Secondo Julie Robinson, capo scienziato NASA della Stazione Spaziale Internazionale “ciò consentirà di aumentare in modo significativo il tempo dedicato alla ricerca in microgravità”.

SpaceX conta di riuscire a volare entro il 2017, Boeing all’inizio del 2018. La partita è dunque ancora apertissima. L’ultima parola toccherà però alla NASA: sarà l’agenzia a decretare su quale nave si imbarcherà il primo equipaggio da terra americana verso la ISS dal pensionamento dello Shuttle. E lo farà a valle degli esiti dei voli di qualifica, sapendo di essere in corsa contro il tempo: la chiusura ufficiale del programma ISS è ancora fissata al 2020 anche se la NASA e gli altri partner si sono già espressi positivamente sull’estensione della vita operativa della Stazione almeno fino al 2024. Manca solo il parere dell’ESA che dirà la sua dopo la ministeriale di dicembre. Al di là degli aspetti patriottici – SpaceX e Boeing permetteranno agli States di sganciarsi dalla dipendenza post-Shuttle dai voli russi Soyuz – per la NASA si tratterà di massimizzare in una manciata di anni il ritorno di un investimento costato circa 7 miliardi di dollari. 

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