Un popolo di santi, poeti e navigatori, certo, ma anche uno dei più ricchi ed eterogenei dal punto di vista del patrimonio genetico, modellato dagli incontri con altre genti e dalle diverse condizioni ambientali esistenti lungo la penisola. Una storia, quella dei geni degli italiani, che è tanto variegata quanto quella della terra che abitano, arricchita dalle migrazioni e segnata dalla geografia. A sancirlo è uno studio -da poco pubblicato su “Scientific Reports”, rivista satellite di Nature- coordinato dal gruppo di Antropologia Molecolare e Adattamento Umano del Dipartimento di Scienze Biologiche Geologiche e Ambientali (Bigea) dell’Università di Bologna. Analizzando il Dna di circa 800 individui originari di venti province d’Italia e descrivendo i pattern di variabilità di più di 500.000 varianti genetiche distribuite lungo il loro genoma, i ricercatori sono riusciti a individuare le tracce della complessa storia demografica e di adattamento all’ambiente degli italiani. “Lo studio -spiega Marco Sazzini, ricercatore del Bigea- ha evidenziato l’elevata eterogeneità del patrimonio genetico delle popolazioni distribuite lungo la penisola. Inoltre, sebbene i profili genetici osservati varino progressivamente seguendo un gradiente nord-sud, è stato possibile individuare gruppi omogenei di province riconducibili rispettivamente alla Sardegna, all’Italia settentrionale e a quella meridionale, al cui interno gli abitanti sono molto simili tra di loro dal punto di vista genetico ma si differenziano rispetto a quelli degli altri gruppi“. Questa distribuzione geografica di variabilità genetica è legata, almeno in parte, alla complessa rete di migrazioni che sin dalla prima colonizzazione del continente ha visto l’Italia fra i punti nevralgici delle rotte migratorie dei popoli europei. In particolare, i risultati della ricerca suggeriscono che le popolazioni dell’Italia settentrionale hanno scambiato i propri geni con gruppi arrivati dall’Europa centro-orientale fino alla fine dell’Età del Bronzo e all’inizio dell’espansione dell’Impero Romano. Gli abitanti dell’Italia centrale e dell’Italia meridionale, invece, avrebbero ereditato anche componenti genetiche tipiche di Medio Oriente e Nord Africa. Un considerevole flusso migratorio da queste regioni del Mediterraneo, infatti, si sarebbe mantenuto in Italia centrale fino alle espansioni e contrazioni dell’Impero Bizantino, mentre più recente sarebbe stato l’influsso nordafricano riconducibile all’occupazione araba della Sicilia. La storia genetica degli italiani, però, non è stata influenzata solamente dalle migrazioni. Il gruppo di ricerca dell’Alma Mater, infatti, ha anche indagato i meccanismi evolutivi e di adattamento all’ambiente delle popolazioni d’Italia, scoprendo che tali processi potrebbero aver contribuito a una loro diversa suscettibilità a determinate malattie. L’evoluzione delle popolazioni dell’Italia settentrionale, ad esempio, è stata plasmata da pressioni ambientali simili a quelle sperimentate dai gruppi dell’Europa centro-settentrionale: in particolare un clima caratterizzato da inverni freddi ha portato all’adozione di una dieta con un elevato contenuto calorico e di grassi. La selezione naturale ha favorito così in queste popolazioni la diffusione di varianti genetiche in grado di modulare il metabolismo dei lipidi (soprattutto dei trigliceridi e del colesterolo) e la sensibilità delle cellule all’insulina, riducendo così il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari e diabete. Al contrario, la mancanza di tali pressioni ambientali e il notevole contributo genetico ricevuto da altre popolazioni mediterranee hanno fatto sì che gli abitanti dell’Italia centro-meridionale mantenessero elevate frequenze delle varianti genetiche responsabili di una maggiore suscettibilità a queste malattie.
VIDEO SUGGERITO
Antropologia: il DNA degli italiani tra i più ricchi di geni del mondo
MeteoWeb