I luoghi del terremoto: viaggio alla scoperta della bellissima Arquata del Tronto [FOTO]

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  • LaPresse/Stefano Costantino
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Arquata del Tronto è un comune della provincia di Ascoli Piceno situato nell’Appennino marchigiano a 720 mt. s.l.m. all’interno del territorio del Parco Nazionale dei Monti Sibillini ed il Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga.

Insieme al limitrofo comune di Accumoli, in provincia di Rieti, sono gli unici in Italia ad essere nel punto di unione di ben 4 Regioni (Marche, Abruzzo, Lazio, Umbria) ed Arquata del Tronto l’unico in Europa ad essere situato all’interno di due Parchi Nazionali. Tra i paesi più colpiti dal terremoto del 24 agosto, deriva il suo nome dal latino arx, ovvero fortezza e non è difficile capirne il perché dato che da qualsiasi punto si ammiri il paese, si vedrà sempre la rocca in posizione predominante. Fu solo nel 1862 che venne assunto il nome ufficiale di Arquata. In seguito, venne aggiunto “del Tronto”, in relazione all’omonimo fiume che scorre vicino alla località.

Si suppone che Arquata fosse abitata dai Sabini. A partire da quell’epoca, e specialmente dopo, in epoca romana, quest’area veniva sfruttata per la sua posizione strategica che permetteva il controllo sulla strada Salaria, la quale conduceva dal Mar Tirreno al Mar Adriatico. Con la caduta dell’ Impero Romano d’Occidente, il territorio venne conteso tra le città di Norcia, Ascoli e Spoleto.Arquata venne anche invasa dai Longobardi e raggiunta dal mitico Carlo Magno che, nell’800, attraversò queste terre diretto a Roma. Intorno al 1200 venne costruita la fortezza. Nel 1215, invece, Francesco d’Assisi visitò questa zona per una missione di apostolato. Le guerre per avere il “dominio su Arquata” si protrassero per secoli, fino al 1832, quando essa venne incorporata ad Ascoli Piceno.

Uno degli eventi più importanti fu il pernottamento di Garibaldi, testimoniato dagli scritti del fermano Candido Augusto Vecchi. Il generale giunse qui il 26 Gennaio del 1849 dopo aver lasciato Ascoli Piceno. Ripartì il giorno successivo con quattro libbre di tartufi regalati dall’allora governatore di Arquata, scrivendo: «(…) ed io per le via di Ascoli e la valle del Tronto, con tre compagni per percorrere ed osservare la frontiera napoletana. Valicammo gli Appennini, per le scoscese alture della Sibilla, la neve imperversava, mi assalirono i dolori reumatici che scemarono tutto il pittoresco del mio viaggio. Vidi le robuste popolazioni della montagna, e fummo ben accolti, festeggiati dovunque, e scortati da loro con entusiasmo».

Ad Arquata si trova la Chiesa della Santissima Annunziata, eretta lungo la via che conduce alla rocca, con una facciata semplice e un portale scolpito in pietra arenaria, mentre all’interno si trova una tela dell’Annunciazione risalente al XVI secolo. Altra chiesa è quella di San Francesco, che fa parte dell’omonimo convento e si trova nella frazione Borgo di Arquata. Stile romanico e portale del ‘500, la chiesa, suddivisa in due navate con colonne a base quadrata, è dotata della famosa “Sindone di Arquata”, copia della Sacra Sindone; una fedelissima riproduzione caratterizzata da un panno tessuto in filo di lino, rinvenuta durante i lavori di restauro della chiesa nel 1980. Probabilmente venne custodita qui per avere una “copia di sicurezza”.

Per quanto riguarda le architetture civili, si annovera Porta di S. Agata, unico varco del borgo di Arquata, circondato in passato da una cinta muraria. Sul punto più alto della città di Arquata del Tronto, sorge una fortezza medioevale eretta nel XIII secolo come caposaldo preposto al controllo del territorio, con funzioni tattiche e difensive.All’interno della rocca, dall’aspetto compatto, isolata ed austera, circondata da un verde parco solcato da sentieri e viottoli, secondo la tradizione popolare avrebbe soggiornato la regina di Napoli Giovanna D’Angiò dal 1420 al 1435, incoronata dal Pontefice Martino V.

Si narra che la sovrana fosse abituata ad invitare nella sua stanza, posta sulla torre più alta, i giovani pastori, per intrattenersi con loro durante la notte.  Il destino e la sorte degli ospiti erano però legati al giudizio della donna che, se non contenta, non esitava a far appendere i malcapitati ai torrioni del maniero. Da questa storia deriva definizione “Castello della Regina Giovanna”, altro nome con cui localmente è conosciuta la Rocca. Un’altra leggenda racconta che il fantasma della regina si aggirerebbe tutt’oggi tra le mura e le stanze del castello.

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