Era il 16 dicembre del 1998 quando un intero palazzo implose su se stesso a Roma, in via di Vigna Jacobini, causando la morte di 27 persone. In seguito a quel disastro l’amministrazione comunale della capitale, a quel tempo guidata da Francesco Rutelli, decise di prendere una misura importante per il controllo della qualità dei fabbricati. Fu così che venne istituito il “fascicolo di fabbricato”, una sorta di carta d’identità di ogni edificio, palazzo, stabile che si trovasse nel comune capitolino.
In Italia si sa, gli interventi legislativi e le azioni pratiche vengono prese sempre dopo le sciagure. È successo con i terremoti, con le inondazioni. Accadde anche a quel tempo in seguito al crollo di Vigna Jacobini.
Il fascicolo iniziò ad essere obbligatorio nel 1999. Si componeva di vari capitoli, in cui veniva preso in considerazione ogni aspetto utile ad avere un quadro completo della sicurezza dell’edificio. L’età dello stabile, la contiguità con altri edifici, la volumetria, la tipologia di costruzione, le autorizzazioni edilizie, eventuali condoni (ricordiamocelo, l’Italia è il paese dei condoni edilizi), la vicinanza con corsi d’acqua o pendii, alberi o altri oggetti.
Si componeva poi di vari allegati: l’indagine statica, quindi una relazione che prendeva in considerazione parametri ingegneristici dello stabile, l’indagine impiantistica, l’indagine agroforestale ed infine l’indagine geologica. Quest’ultima prendeva in esame i rischi geologici presenti nel luogo in cui sorge il fabbricato, da quello sismico a quello idrogeologico, comprendendo poi i rischi legati a liquefazione suolo o apertura di voragini.
Il fascicolo non era solo un pezzo di carta: doveva servire anche a programmare e mettere in atto provvedimenti, nel caso in cui lo stabile fosse considerato a rischio.
Dopo diversi problemi legislativi (ricorsi, eccetera), il fascicolo di fabbricato venne riconosciuto anche dalla Regione Lazio e nella Regione Campania (2002). In quegli anni migliaia di tecnici fra geologi e ingegneri avrebbero lavorato a questo “passaporto degli edifici” – peraltro una opportunità in un paese dove i geologi, paradossalmente, sono obbligati a fare le valigie per trovare lavoro all’estero. Ma sarebbe durato poco.
L’esperienza del fascicolo di fabbricato non arrivò neanche ai dieci anni. Venne eliminato – a Roma nel 2007, mentre in Emilia Romagna è stato abolito nel 2014 – in silenzio, senza che quasi ne restasse traccia. Del resto era un “pezzo di carta” in più che non piaceva a molti, ad esempio alle imprese dei costruttori, che lo ritenevano un intralcio.
Poi però i palazzi sono tornati a crollare, sia per cause sismiche che per vetustà, o lavori di ristrutturazione compiuti senza criterio. È successo già due volte a Roma nel 2016. Ed il fascicolo di fabbricato sta tornando sulla bocca di molti. Che sia la volta buona per la sua reintroduzione definitiva?