Solo una parte delle polveri industriali provenienti dall’Ilva che ricadono su Taranto viene monitorata: fino a ora l’impatto sanitario di migliaia di tonnellate di polveri è rimasto ‘invisibile’ alle centraline Arpa perché sfugge al loro controllo. Ma queste polveri cadono per terra e si depositano, ad esempio sui balconi, e si possono risollevare soprattutto quando c’è vento. E’ quanto emerge dal recentissimo dossier di PeaceLink ‘Non toccate quelle polveri‘. Ieri il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano ha consegnato una serie di documentazioni al congresso dei presidenti degli Ordini dei medici, chiedendo il loro impegno per “fermare la strage” delle malattie legate ai ‘fumi’ dell’Ilva, ancora massicciamente presenti nell’aria della zona. Fra gli studi anche “un aggiornamento dello studio su Taranto (il famoso ‘studio Forastiere’) presentato nel 2012 – ricorda all’Adnkronos Salute il presidente di Peacelink, Alessandro Marescotti – e che era alla base della decisione del Gip Todisco di fermare gli impianti inquinanti dell’area a caldo dell’Ilva. Qui viene confermata, anche dopo i decreti Salva-Ilva, la pericolosità delle emissioni industriali: si è osservato un incremento del rischio di mortalità naturale del 2,6% per ogni aumento di 1 microgrammo al metro cubo di Pm 10 di origine industriale. Mentre per la mortalità respiratoria aumenta dell’8,4% per ogni incremento di 1 microgrammo al metro cubo di Pm 10 di origine industriale“. E ancora, esiste “un nostro studio sulla mortalità ‘a breve termine’ presentato a giugno, che mostra come in presenza di venti costanti provenienti dall’area industriale, per 3 settimane su 4 in un mese, ci sia un aumento di decessi: se le morti attese a Taranto sono di solito 150 ogni 30 giorni, quel mese risultano 210. Quello che molti politici ignorano, infatti, è che l’impatto dell’inquinamento non è solo a lungo termine, in primis cancerogeno: può essere mortale anche il giorno stesso o quello successivo, con un aumento di infarti e ictus“.
Per questo, evidenzia Marescotti, “abbiamo chiesto un osservatorio della mortalità in tempo reale, per poter avere mese dopo mese il conteggio dei decessi: se in media a Taranto ci sono 5 morti al giorno, appunto 150-155 in un mese, mentre in un dato mese ne troviamo 15 in una giornata, qualcosa deve essere accaduto e la statistica è in grado di individuarlo“. E se sconvolge la notizia della morte di un operaio questa mattina nello stabilimento industriale pugliese, Peacelink nei giorni scorsi era tornata a puntare i riflettori sulla situazione sanitaria della zona: ci sarebbero appunto migliaia di tonnellate di polveri di cui non è stata studiata adeguatamente la tossicità e che sono rimaste ‘invisibili’ alle centraline di monitoraggio previste dalla legge per l’inquinamento da traffico. “Ma i cittadini di Taranto – si legge nel report – vedono ogni giorno nei balconi polveri di origine industriale, senza tuttavia conoscerne la composizione chimica, la tossicità e senza avvertirne il pericolo intrinseco, senza quindi avere una adeguata percezione del pericolo da esse rappresentate per la Salute umana e dei bambini in particolare“. Secondo il report le polveri nere che cadono sulle strade, sui balconi e sui lastrici solari dei palazzi di Taranto sono contaminate da inquinanti industriali. Pertanto non bisognerebbe entrare in casa con le scarpe e occorrerebbe usare guanti protettivi di nitrile per fare le pulizie: non vengono via dalle mani con i detergenti domestici e ne occorrono di industriali. Attualmente, invece, “quelle polveri – afferma Peacelink – vengono spazzate, lavate, raccolte, toccate senza che siano fornite, da quello che ci risulta, informazioni adeguate e complete sulla loro natura e senza che vengano fornite pubblicamente indicazioni sanitarie e precauzionali esplicite sulla loro manipolazione e sulle modalità del loro smaltimento. I cittadini ad esempio non vengono informati sui dispositivi di protezione individuali delle vie aeree e delle mani, se ad esempio devono mettere una mascherina di protezione o i guanti o gli occhiali protettivi durante le pulizie domestiche nel quartiere Tamburi o nei giorni di vento. Rivolgeremo alla Asl e all’Arpa delle precise richieste“, assicura l’associazione. I dati ‘sfuggenti’ sulle polveri killer, spiega infine il presidente di Peacelink, “non sono dovute al fatto che le centraline non funzionano, ma alla presenza di una tipologia di inquinante sito-specifica, molto particolare, per la quale occorrerebbe un monitoraggio molto più preciso. Altrimenti si arriva al paradosso che Taranto appare una città più pulita di altre, nella graduatoria nazionale Legambiente: attualmente è a metà classifica, meglio di Milano, Torino o Roma“.