Ha recentemente tagliato il traguardo del primo anno dallo storico incontro con Plutone (14 luglio 2015) e si appresta a proseguire la sua attività ‘investigativa’ dirigendosi nelle remote profondità della Fascia di Kuiper: l’infaticabile globe-trotter è New Horizons, la sonda della NASA la cui missione è stata estesa di recente.
Il veicolo spaziale, che ha ampiamente superato le aspettative della comunità scientifica, sta fornendo un contributo fondamentale per delineare un ritratto sempre più completo e sfaccettato dell’ex nono pianeta del Sistema Solare e della zona recondita in cui si trova.
Gli onori della cronaca questa volta non spettano solo al ‘re’ della Fascia di Kuiper, ma anche ad un piccolo pianeta che si trova nella medesima zona. New Horizons, infatti, con lo strumento LORRI (LOong Range Reconnaissance Imager), ha osservato Quaoar, un corpo celeste di circa 1000 chilometri di diametro che, al momento delle riprese – tra il 13 e il 14 luglio – si trovava a circa 2 miliardi di chilometri dalla sonda e a oltre 6 dal Sole.
Data la posizione di New Horizons, LORRI ha potuto osservare solo una parte della superficie illuminata di Quaoar, una veduta molto differente rispetto a quella che si può avere dalla Terra. Il confronto tra le due diverse prospettive è comunque utile al team della missione per analizzare le proprietà di dispersione della luce sul volto del piccolo pianeta ‘compagno’ di Plutone.
Dopo l’osservazione di questo corpo celeste, New Horizons punterà su un altro oggetto della Fascia, designato con il nome in codice di 2014 MU69. Ritenuto una delle realtà più antiche del Sistema Solare, 2014 MU69 non era ancora stato scoperto quando la sonda fu lanciata il 19 gennaio 2006 e dovrebbe essere raggiunto il 1° gennaio 2019.
Tornando al target primario di New Horizons, è stata resa disponibile una nuova immagine dell’area meridionale diPlutone immortalata al momento del rendez-vous (foto accanto). La zona, che si trova a sud della scura fascia scura equatoriale chiamata informalmente ‘Chtulu Regio’ e a sud-ovest della cosiddetta ‘Sputnik Planum’, presenta tratti particolari e utili per approfondire le dinamiche geologiche del pianeta nano.
A destare l’interesse degli studiosi – spiega l’Agenzia Spaziale Italiana – sono state soprattutto le montagne, che si mostrano come se fossero ricoperte di neve. In realtà, i dati sulla composizione chimica di queste singolari coperture hanno rivelato che si tratta di metano atmosferico condensatosi sulle superfici più elevate. Invece, le valli che appaiono profondamente incassate tra alcuni gruppi montuosi potrebbero essere il frutto dell’azione del ghiaccio di azoto che un tempo copriva questa zona.
Quindi, pur declassato dall’Unione Astronomica Internazionale dieci anni fa, Plutone continua a schiudere nuovi scenari di ricerca agli studiosi come se volesse prendersi una rivincita.