Ricerca, Alzheimer e Parkinson: da Milano il test per svelarli prima dei sintomi

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Individuare malattie come Alzheimer e Parkinson prima che si manifestino con i loro tipici campanelli d’allarme. E’ la promessa di un test preclinico ideato e validato dai ricercatori del Centro della complessità e dei biosistemi dell’università degli Studi di Milano, che l’hanno descritto su ‘Physical Review Applied‘. L’analisi è frutto di un approccio computazionale, ossia di una simulazione fatta al computer, che abbatte il rischio di risultati sbagliati. I cosiddetti falsi negativi o falsi positivi. Una vasta categoria di malattie neurodegenerative tuttora incurabili – ricordano dalla Statale – è caratterizzata dall’anomala aggregazione di proteine come la beta-amiloide o la alfa-sinucleina, considerati un fattore chiave per lo sviluppo, rispettivamente, di Alzheimer e Parkinson.

Individuare la formazione di questi accumuli prima della comparsa dei sintomi della patologia oggi è praticamente impossibile, ma in futuro potrebbe diventare una strada percorribile. Una delle possibilità più promettenti consiste nello sfruttare lo stesso processo biologico che determina la diffusione della malattia nell’organismo, per amplificare minuscole quantità di proteine aggregate in maniera anomala. Così facendo se ne potrebbe individuare la presenza anche a concentrazioni molto basse in un campione biologico, rendendo quindi possibile una diagnosi preclinica. I recenti progressi nella tecnologia dei microfluidi permettono questo tipo di analisi, ma rimane un problema da affrontare.

Su quantità così piccole, infatti, è alto il pericolo di ottenere risultati inesatti: falsi positivi o assenza di segnali quando invece gli aggregati sono presenti. E’ perciò necessario trovare un modo per minimizzare questi rischi di misurazione. Proprio qui è entrato in gioco il team meneghino. Gli autori hanno simulato al computer la formazione degli aggregati proteici, in modo da poter studiare le fluttuazioni di queste quantità in relazione al variare del volume del campione. Così sono riusciti a sviluppare un test in grado di determinare l’esatta quantità di aggregati anomali. Si tratta di “un primo, significativo passo verso la realizzazione di un vero e proprio strumento diagnostico per molte malattie neurodegenerative“, assicurano gli scienziati. “Questo è un importante esempio di un modello realizzato a computer che può fornire la base per lo sviluppo di un test clinico in grado di diagnosticare una malattia neurodegenerativa prima che essa si manifesti“, commenta la biologa Caterina La Porta, che ha diretto i lavori del gruppo di ricerca milanese.

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