Un cappellino rosso sopra la bara, ovvero quello indossato in tanti presidi, sit-in e scioperi della fame e della sete. E alla fine la canzone dei Nomadi, “Io vagabondo“. Chiesa di San Carlo Borromeo gremita per l’ultimo saluto a Salvatore Usala, leader delle lotte per i diritti dei malati di Sla e dei disabili gravissimi, scomparso ieri pomeriggio all’Ospedale Marino di Cagliari. Un lunghissimo applauso ha salutato l’ingresso del feretro. La messa e’ iniziata con la lettura del messaggio inviato dall’arcivescovo di Cagliari Arrigo Miglio. Un ricordo affettuoso, ma anche un’indicazione: “Un esempio per tutti”. E lo stesso concetto lo ha ribadito il parroco don Luca. “Un uomo che ha combattuto – ha detto nell’omelia – ha portato la croce con tanto amore per se stesso e per tante altre persone che non conosceva. Sessantatre’ anni che ha vissuto intensamente, consumandosi per gli altri. Non era certo uno che si girava dall’altra parte”. In chiesa, per salutare Usala, anche altri malati di Sla che spesso lo hanno accompagnato nelle tante lotte combattute a Cagliari e a Roma per convincere le istituzioni a stare vicino a chi non ce la faceva piu’. Battaglie spesso vittoriose che sono diventate anche finanziamenti e progetti per i malati e le loro famiglie. Presente anche il sindaco di Cagliari Massimo Zedda. Il presidio di piazzale Trento, gruppo che spesso ha affiancato Usala nelle lotte, ha subito convocato un’assemblea, invitando anche le altre associazioni che sono state accanto a lui, con un obiettivo ben preciso: prendere il testimone di Usala e non disperdere i risultati ottenuti. Momento di commozione e lacrime alla fine della messa quando e’ stata diffusa dagli altoparlanti della chiesa la canzone “Io vagabondo” dei Nomadi.