Terremoto Centro Italia, Amatrice e dintorni: storie di allevatori che “non mollano”

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Allevatori in trincea ad Amatrice, con un’unica parola d’ordine: ‘non mollare’. Sono le storie di Luca, Alfredo, Mario, e di tanti altri uomini tenaci che hanno deciso di rimanere vicino ai loro animali per non perdere tutto quello che hanno, o meglio quello che è rimasto, dopo la furia devastante del terremoto. La forza della disperazione li fa andare avanti nonostante le loro stalle siano crollate e le fattorie siano inagibili. E nonostante il maltempo, che ora si abbatte su quelle zone renda tutto estremamente difficile, ai limiti del possibile mungere, foraggiare le mucche e le pecore. Ma loro hanno deciso di rimanere con le famiglie, magari sotto una tenda o in una roulotte. Perché ”l’unica fonte di reddito è lì e bisogna continuare”, spiegano. Ma anche per il timore degli ”sciacalli”, perché nelle campagne possono agire più facilmente e il rischio di perdere bestie, trattori, attrezzi agricoli, il loro patrimonio, è troppo grande. Alfredo Perilli, ha un allevamento di un centinaio di vacche chianine e una quarantina di cavalli da tiro pesante. Vive in una roulotte con sua moglie Marta al sesto mese di gravidanza e una bambina di 4 anni, nella frazione di Colli a 1,5 chilometri da Amatrice. ”Stiamo aspettando un container, per adesso abbiamo una stufetta. Mia moglie è coraggiosa, per ora sta qui, poi tra un mese andrà a Roma e io rimarrò. Non posso lasciare le bestie che, per fortuna, al momento del sisma, erano suall’alpeggio e non sono morte sotto le macerie”, racconta Alfredo all’Adnkronos. La sua cascina ha subito lesioni al tetto della stalla e alla porcilaia, ma l’allevatore si rammarica ancor di più perché non può tornare nella sua casa al centro di Amatrice in ‘zona rossa’. ”La mia casa era stata ristrutturata ed è rimasta in piedi, ma siccome confina con un’altra che è crollata ci hanno fatto uscire e non possiamo tornare. Sono sconvolto – aggiunge – anche perché ho perso due zie e una cugina. Io e la mia famiglia (mio padre e le mie sorelle) abbiamo perso tutto, vari negozi e il nostro ristorante (‘La Conca’) assai rinomato”. Non vuole abbandonare la sua attività neanche Luca Guerrini, 36 anni, che dorme in una tenda canadese con il padre di 71 anni per accudire 19 vacche da latte e 40 pecore, dopo che parte della stalla e il fienile sono crollati, e la sua casa rurale, sopra abitazione e sotto magazzino, non è agibile. ”Dove vado? E’ dura ma non cambio vita – afferma Luca che si trova nella frazione di Faizzone – tutte le mattine alle 5,30 e poi la sera dobbiamo mungere le vacche, io e mio padre ci alterniamo, per questo motivo siamo qui – spiega – non possiamo stare nella tendopoli di Sant’Angelo dove si è rifugiata mia madre. Noi ci andiamo per mangiare qualcosa di caldo, per lavarci, ma dormiamo in tenda, accampati come i nomadi”. Mungere le mucche intanto con i diluvi di questi giorni è sempre più difficile, ma ”finché non nevica ci proviamo, poi vedremo, speriamo di non doverle dar via per quattro soldi”, sostiene. ”Se andiamo via il paese si svuota. Per ora va malissimo, ma la nostra famiglia rimane”. Così Mario De Angelis che alleva 250 pecore e produrre formaggio nella frazione di Santa Giusta a 6 chilometri da Amatrice. Mario, 27 anni, nonostante sia perito agrario porta avanti l’attività di pastorizia e vive con i suoi familiari in due container comprati a spese proprie perché le abitazioni non sono agibili dopo la forte scossa del 24 agosto. ”Le nostre case stanno in piedi ma ci hanno vietato di entrare – racconta – e così ci siamo organizzati in due container abbastanza grandi, dove viviamo in 12. L’azienda è di mio nonno, ci sono le mie zie, i miei, abbiamo anche una trentina di mucche ma la situazione è critica. Rimanere, comunque, penso sia la scelta giusta” conclude. (AdnKronos)

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