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Terremoto, l’esperto: “Edifici distrutti da un fenomeno “nuovo”, bisogna rifare tutti i calcoli o le case continueranno a crollare” [GALLERY]

MeteoWeb

Nessuno si aspettava che ad Amatrice succedesse ciò che è successo. Abbiamo assistito ad un fenomeno del tutto nuovo“. Così il geologo Antonio Moretti, specializzato in sismologia e in questi giorni impegnato ad Amatrice proprio per studiare l’evento e in particolare la reazione degli edifici al sisma, introduce uno degli argomenti più discussi in questi giorni. Dopo il terremoto che ha colpito il centro Italia, portando morte e distruzione in piena notte, l’interrogativo che maggiormente ci si è posti è: era possibile fare qualcosa per prevenire?

Come spiega Moretti a MeteoWeb, il materiale ha subito un fenomeno del tutto nuovo, o meglio, che non era mai stato osservato prima. Si è comportato, in sostanza, come un fluido soggetto a liquefazione (si intende per liquefazione la perdita di coesione interna dei grani del materiale, ciottoli, mattoni, sabbie). “Dobbiamo studiare ancora questo fenomeno, geologi e ingegneri devono imparare la sismologia. Bisogna rifare tutti i calcoli, bisogna imparare un lavoro nuovo“, dichiara l’esperto, perché in genere è il “terreno che subisce questa sorta di ‘liquefazione’, invece ad Amatrice si è verificato nelle murature“. E per far fronte a futuri terremoti, cercando di subire meno danni possibile, “non dobbiamo ‘copiare’ dagli altri. Noi abbiamo la storia sismica più lunga del mondo dopo i cinesi. Bisogna preparare gli edifici pubblici e le case si possono mettere in grado di non crollare“.

Moretti è attualmente impegnato in un progetto di ricerca che ha lo scopo di studiare le interazioni tra le oscillazioni a corto periodo e il materiale utilizzato per la costruzione degli edifici, e alla luce anche dei recenti rilevamenti effettuati ad Amatrice, fa il punto su quanto analizzato: “Lo scopo della zonazione o microzonazione sismica – spiega – è di definire, per ogni porzione di territorio, come le onde sismiche di un eventuale terremoto vengono amplificate (o smorzate), con che ampiezza, con quale frequenza (impulsi al secondo, Hz) e secondo quale direzione spaziale (nord-sud, est-ovest, su-giù). A questo va aggiunta la resistenza del terreno e la sua attitudine a sopportare il carico degli edifici, elemento questo che fa parte della geotecnica, anche se il terreno stesso è soggetto a cambiare le sue caratteristiche di resistenza durante lo scuotimento sismico. Tornando alla prima parte, le sue caratteristiche possono essere stimate in base alla costituzione geologica secondo formulette standard, di solito meno faticose, ma assolutamente imprecise (anche se conformi alla legge) oppure misurate direttamente, o ancora meglio le due cose assieme per verifica“.

Per misurarle direttamente in situ – continua l’esperto – si pone sul luogo un sismometro a tre componenti e si registra il microtremore per circa 30 minuti. Il segnale ottenuto, che rappresenta l’effettivo moto del suolo nel periodo considerato, viene poi elaborato matematicamente con una serie di trasformate di Fourier, per ottenerne lo spettro in frequenza, cioè un grafico che riporta l’ampiezza del movimento del suolo in funzione delle frequenze. Nella parte destra dello spettro sono riportate le frequenze più basse (e quindi i periodi più lunghi), nella sinistra quelle più alte (e i periodi più brevi). I periodi più lunghi 10-1 sec. sono in genere dovuti ai fenomeni atmosferici, tuoni, onde dell’oceano ecc., le frequenze più alte alle vibrazioni dello strumento stesso, dell’erba, dei rami degli alberi, delle auto, ecc. La parte intermedia (1-10 Hz) è quella dovuta alla vibrazione del sottosuolo ed è quella che ci interessa. I picchi in frequenza si suppone ci indichino come vibrerà il suolo in caso di terremoto, l’ampiezza del segnale si suppone sia proporzionale all’amplificazione sismica sempre in caso di terremoto. In realtà – precisa Moretti – l’ampiezza può essere influenzata anche dalla maggiore o minore rumorosità sismica del sito (auto, cantieri, macchinari meccanici); in genere può variare anche del 100% tra il giorno e la notte, mentre i fattori geologici possono portare ad amplificazioni anche di 10-20 volte. In ogni caso è buona norma fare le misure lontano da fonti di rumore ed in orari di quiete”.

Ed è proprio ciò che Moretti ha messo in atto ad Amatrice, come si può vedere dalle immagine fornite dallo stesso geologo, visibili al seguente link: Terremoto: ecco le immagini di edifici crollati ad Amatrice e cosa si potrebbe fare per metterli in sicurezza.

Non è possibile, è inutile, se non addirittura fuorviante – spiega l’esperto – applicare acriticamente in Italia le formule ed i parametri sviluppati in altre parti del mondo con caratteristiche geologiche, sismiche, architettoniche e culturali diverse. Ogni metro del nostro territorio ha la sua risposta sismica peculiare e le sue diverse caratteristiche. Le formule sviluppate in Giappone andranno forse bene per i grattacieli di Milano, Roma o Napoli, così come i parametri sismici misurati nel Sud-Dakota serviranno forse per la piattaforma pugliese, ma non certo in Appennino od in Calabria“. “Formule, parametri e metodi di indagine dovranno essere rilevati e verificati direttamente nel nostro territorio, nelle diverse condizioni e situazioni locali – conclude Moretti – Altrimenti la case continueranno a crollare, per quanto bravi possano essere i nostri grandi architetti ed ingegneri”.

Per approfondire: Terremoto: ecco le immagini di edifici crollati ad Amatrice e cosa si potrebbe fare per metterli in sicurezza.

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