Dopo il terremoto che il 24 Agosto ha colpito l’Italia centrale provocando quasi 300 vittime tra Lazio, Abruzzo, Marche e Umbria, il tema del rischio sismico è drammaticamente tornado alla ribalta per tutte le Regioni italiane. Una delle zone a più alto rischio del Paese, è lo Stretto di Messina già colpito nel 1908 da un terremoto devastante, di magnitudo 7.1, con oltre 120.000 vittime. Negli scorsi anni, l’esperto Alessandro Martelli ai microfoni di MeteoWeb aveva chiarito come non si possono fare previsioni precise ma, proprio nello Stretto di Messina è alto il rischio di un altro forte terremoto.
Martelli spiegava che “le previsioni in senso stretto cioè dire che un evento di magnitudo “x” avverrà nel luogo “x” il giorno “x”, sono assolutamente impossibili al giorno d’oggi, ma quello che si può fare è prevedere con una certa probabilità di azzeccarci che un terremoto possa avvenire in un certo periodo di tempo (qualche mese, almeno, o un anno) in una zona normalmente abbastanza estesa come dimensioni”. In base a determinati algoritmi sviluppati dal prof. Kossobokov, scienziato dell’Accademia Russa delle Scienze, da Giuliano Panza, professore di sismologia dell’università di Trieste, da Carlo Doglioni, docente di Scienza della Terra dell’Università di Roma, e da AntonellaPeresan, ricercatrice dell’Università di Trieste, da ormai quasi due anni gli esperti si attendono un “forte terremoto al Sud“. Non sono in grado di dire in quale zona precisa del Sud (Enzo Boschi dell’INGV confermò questa tesi, escludendo però lo Stretto dalle zone più a rischio), in quale momento preciso, con che magnitudo ed epicentro. Insomma, ribadiamo ancora una volta che fare previsioni precise è impossibile, e che l’allarmismo che diventa psicosi è da considerare assolutamente infondato, probabilmente alimentato dalle varie scosse che negli ultimi mesi hanno interessato il territorio dell’Italia meridionale, dalla Campania allo Stretto di Messina passando per la Calabria e il Pollino.
Dopotutto, bisogna specificare che un fondo di verità c’è: storia e scienza ci forniscono informazioni precise sul rischio sismico del territorio. In Italia, nella storia, il terremoto più forte in assoluto è stato quello che l’11 gennaio 1693 ha colpito la Sicilia orientale con epicentro in provincia di Siracusa (magnitudo 7.4), seguito dalla catastrofe del 28 dicembre 1908 nello Stretto di Messina (magnitudo 7.2). Solo altri due, poi, i terremoti di magnitudo superiore a 7, entrambi di magnitudo 7.0 ed entrambi a Lamezia Terme, il 27 marzo 1638 e l’8 settembre 1905. Poi abbiamo il terremoto di magnitudo 6.9 del 13 gennaio 1915 ad Avezzano, quello sempre di magnitudo 6.9 del 4 dicembre 1456 nel Sannio, ancora quello di magnitudo 6.9 in Basilicata il 16 dicembre 1857, quello di magnitudo 6.9 nello Stretto di Messina (5 febbraio 1783) e infine il più recente, quello di magnitudo 6.8 del 23 novembre 1980 in Irpinia.
Da questi dati emerge che il Sud Italia è la zona a più alto rischio sismico d’Italia, e che in quest’area possono verificarsi anche terremoti di magnitudo 7 o poco superiori. Gli epicentri dei terremoti più violenti sono sempre stati nello Stretto di Messina, a Lamezia Terme, tra Irpinia e Basilicata, in Abruzzo e nella Sicilia orientale. Proprio lì, nella Sicilia orientale, dove s’è verificato il più forte in assoluto della storia del nostro Paese, non si verificano scosse forti da molto tempo, da più di tre secoli, mentre nello Stretto, in Irpinia, in Abruzzo e in Calabria i terremoti più forti sono tutti molto più recenti. Questo, dopotutto, non significa niente: i calcoli sui tempi di ritorno sono prettamente statistici. Quello che vogliamo dire con questi dati, è che non c’è bisogno di alcun esperto per sentenziare che lo Stretto, la Calabria, la Sicilia, la Campania sono ad altissimo rischio sismico. Ogni giorno. Ogni momento. Un violento terremoto, sia di magnitudo 7.5 o 7.0 o 6.5, in qualsiasi istante potrebbe verificarsi in queste zone classificate a fondoscala in tutte le mappe di rischio (vedi immagine affianco).
Il fatto che in tanti si allarmino significa che comunque manca la consapevolezza del rischio. Non possiamo sapere se domani o tra 10 o 100 anni, ma è sicuro che altri violentissimi terremoti colpiranno tutte le zone del Sud che nella storia sono già state distrutte dalle scosse. Non ci sono dubbi, la scienza è chiarissima, la storia del pianeta pure. Dire che “ci sarà un forte terremoto nello Stretto di Messina” (senza specificare la data, ovviamente) è una delle banalità più reali, scontate e normali che possano esserci.
Una popolazione civile e progredita, a questo punto, una volta consapevole del rischio (una consapevolezza che dovrebbe derivare anche solo dalla memoria storica delle tragedie del passato), anzichè andare nel panico e piangersi addosso, si attrezzerebbe per fare prevenzione, che è l’unica soluzione per tutelarsi dai terremoti. Le scosse, infatti, così come non si possono prevedere in modo preciso, non si possono neanche evitare: fanno parte della natura del nostro pianeta. I danni, la morte e la distruzione, però, non sono provocate dalle scosse in sè, ma dalle costruzioni umane. Siamo nel 2014 e per fortuna esistono le tecnologie che potrebbero consentirci di stare tranquilli di fronte a qualsiasi tipo di calamità naturale, come accade in molti altri Paesi del mondo, basti pensare al Cile che il 27 febbraio 2010 è stato colpito da un violentissimo terremoto di magnitudo 8.8, 30.000 volte più forte di quello di L’Aquila, che però ha fatto lo stesso numero di vittime: poche centinaia. Invece in Italia con un terremoto anche di magnitudo intorno a 7 (per fortuna nel nostro Paese non si possono verificare scosse violente come quelle che invece interessano la famosa “cintura del fuoco” intorno all’oceano Pacifico), le vittime si conterebbero a migliaia.
Il problema non è prevedere o meno i terremoti, anche perchè ammesso – e non concesso – che fossimo in grado di fare una previsione di massima, come si potrebbe fare ad evacuare intere città?
Il problema è l’assenza di prevenzione, l’incoscienza del rischio, la mancanza di una cultura che sappia prevenire anzichè curare. Invece impera ancora il fatalismo, per poi versare lacrime di coccodrillo. A volte ce ne accorgiamo anche da determinati commenti nelle previsioni meteo: quando viene lanciata un’allerta, in tanti la vivono con ironia e scetticismo finchè poi non si verificano le alluvioni, i disastri, le morti e allora si pensa di criticare chi “non l’aveva previsto“, perchè in fondo bisogna sempre prendersela con qualcuno. L’importante non è che non accadano disastri, ma che ci siano colpe ben precise e che ci sia qualcuno da crocifiggere. Che poi basterebbe costruire in modo antisismico per stare tranquilli, infischiarsene di terremoti e previsioni, non interessa a nessuno…