4 novembre 1966, devastazione e morte: Firenze e Venezia, 50 anni dopo

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Sono passati cinquant’anni da quel tragico 4 novembre 1966 che provocò piogge torrenziali e smottamenti in tutto il centro-nord, con il contemporaneo impatto su due delle città d’arte più importanti d’Italia – Firenze, colpita dallo straripamento dell’Arno, e Venezia, che registrò la più grande acqua alta della sua storia – e uno strascico pesantissimo di devastazione e morte (oltre 130 le vittime in tutta Italia).

Il Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) celebra la ricorrenza con due convegni focalizzati sull’impegno della comunità scientifica nell’affrontare e prevedere eventi estremi. Il primo appuntamento è oggi 27 ottobre a Venezia, dove l’Istituto di scienze marine (Ismar) organizza ‘1966-2016: il contributo della scienza per la difesa della città di Venezia e del suo territorio’ (Sale Apollinee del Teatro La Fenice, in collaborazione con Comune di Venezia, Università Ca’ Foscari, Iuav e Università di Padova). Sabato 29 ottobre, sempre a Venezia è la volta dell’Open day Ismar-Cnr aperto alle scuole (Tesa 102 Arsenale – Castello 2737/F), con interventi del climatologo Luca Mercalli e dell’ex direttore di Ismar-Cnr Luigi Cavaleri.

 “I fatti del ’66 offrirono per la prima volta l’occasione di far convergere studiosi di estrazione diversa in una riflessione comune su temi ‘nuovi’ rispetto al contesto di allora, come la salvaguardia dei beni culturali, la prevenzione dall’inquinamento, la tutela della biodiversità, la sostenibilità dello sviluppo umano”, afferma Fabio Trincardi, direttore Ismar-Cnr. “L’esperienza ha posto le basi per un approccio multidisciplinare ai problemi ambientali e della laguna in particolare, evidenziando la necessità di far lavorare fianco a fianco comunità scientifica e istituzioni. Con la prossima messa in funzione del nuovo sistema di regolazione delle maree la comunità scientifica è chiamata ad affrontare nuovi temi, come la previsione della risposta dell’ecosistema lagunare a eventuali chiusure ripetute, ravvicinate e, in alcuni casi, prolungate”.

Il fenomeno dell’acqua alta ‘record’ di 194 cm., mai più raggiunto da allora, fu sottostimato e trovò la popolazione impreparata”, ricorda Cavaleri. “Ma sul fronte della previsione la ricerca ha fatto enormi passi avanti: secondo recenti esperimenti, applicando ai dati dell’epoca i modelli e i mezzi di calcolo oggi disponibili, saremmo in grado di quantificare la perturbazione con un anticipo fino a sei giorni”.

Da giovedì 3 novembre le celebrazioni si spostano a Firenze: il Consorzio Lamma (Cnr e Regione Toscana) organizza presso l’Accademia dei Georgofili il worskhop ‘Arno 1966: 50 anni di meteorologia’, dedicato a una disciplina che sempre più interseca competenze diverse, dalla fisica dell’atmosfera alla modellistica numerica, della sensoristica al calcolo parallelo. Nel pomeriggio di venerdì 4, infine, il presidente del Cnr Massimo Inguscio partecipa alla commemorazione solenne di Palazzo Vecchio organizzata dal Comune di Firenze, alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella e di numerosi altri rappresentanti istituzionali. “Dopo la severa lezione del ’66, l’Italia ha cominciato ad affrontare con maggiore consapevolezza le calamità naturali”, commenta Inguscio. “Lo studio dei fenomeni che possono generare rischi si è affermato come una delle più rilevanti tematiche di ricerca del Cnr: ciò che si è fatto in questi anni è importante, ma è stato pagato il prezzo di troppe vittime e troppi danni. La comunità scientifica può e deve fare ancora molto per assicurare una effettiva difesa del suolo e delle popolazioni che lo abitano, lavorando in maniera trasversale e guardando unita al futuro”.

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