“Noi ci crediamo. Crediamo nell’olio di palma di qualità e sostenibile, crediamo che oggi sia un prodotto fondamentale per la qualità dei nostri prodotti, sennò avremmo potuto benissimo cambiarlo. Il rispetto per il consumatore ci porterebbe a ritirare un prodotto dal mercato. Ferrero fa così”. A parlare è Alessandro d’Este, presidente e amministratore delegato di Ferrero Commerciale Italia, che entra nell’acceso dibattito su un ingrediente oggi costantemente sotto i riflettori, spiegando le scelte dell’azienda su questo fronte.
“Noi crediamo nel rispetto del consumatore e nella qualità e non siamo disposti a fare compromessi su questo – incalza d’Este – Siamo convinti che l’olio di palma abbia delle caratteristiche molto particolari che conferiscono qualità ai prodotti ed esaltano i sapori degli altri ingredienti. Si tratta di un olio che garantisce anche la stabilità nel tempo. A monte, i frutti della palma da olio sono i prodotti naturali che hanno la più alta quantità di vitamina A al mondo. Questa presenza di antiossidanti rende il prodotto stabile nel tempo, quindi garantisce una maggiore resistenza all’inacidimento”. E con l’obiettivo di “festeggiare i 70 anni” dell’azienda e di “comunicare maggiormente”, quest’anno sono in programma diverse iniziative in cui, preannuncia d’Este, “parleremo delle nostre materie prime, dal cacao alle nocciole di cui siamo i maggiori produttori al mondo e utilizzatori. A fine novembre apriremo le porte del nostro stabilimento di Alba alle visite. Ma la qualità – assicura – si fa partendo dalla selezione delle materie prime, andando in giro per il mondo, essendo disposti a pagarle di più”. Altro elemento “i controlli continui”. “Curiamo – evidenzia d’Este – tutta la tracciabilità del prodotto, dalla selezione delle piantagioni ai momenti in cui viene raccolto, poi processato nelle sue fasi industriali, segregato fisicamente – separato da tutte le altre produzioni – e poi portato in casa nostra per le ultime fasi, come quella della ‘deodorazione’, processo che facciamo alle più basse temperature possibili e che consente di avere una qualità di prodotto che riteniamo distintiva“.
Sostenibilità
Oggi Indonesia e Malesia rappresentano circa l’83% della produzione mondiale di palma, “una delle risorse agricole più remunerative nelle regioni tropicali umide, e lì la sua coltivazione ha trasformato gli stili di vita e l’ambiente, favorendo al contempo lo sviluppo agricolo – riferisce Alain Rival, del centro studi francese Cirad – Il settore sta vivendo un processo di intensificazione ecologica tale da cercare di produrre maggiori quantità per unità di superficie coltivata, minimizzando al tempo stesso l’impatto”. Gli esperti toccano anche il tema del rapporto fra alimentazione e salute: la preparazione di alcuni alimenti, spiegano, richiede l’utilizzo di grassi con specifiche caratteristiche. “Le sostanze grasse da scegliere come ingredienti o legate ai processi di trasformazione è bene sceglierle tenendo conto della loro stabilità all’ossidazione“, sottolinea Giovanni Lercker, docente dell’Alma Mater Studiorum – università di Bologna (Dipartimento di Scienze e tecnologie agro-alimentari). Quanto alla “relazione tra il consumo di acidi grassi saturi e il rischio di malattie cardiovascolari, questa è stata messa in discussione”, fa notare Elena Fattore, ricercatrice dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano. “In nessuno degli studi recenti, infatti, è stata confermata relazione causale. La campagna denigratoria sull’olio di palma, basata sul fatto che contiene una percentuale maggiore di acidi grassi saturi rispetto ad altri oli vegetali, non ha riscontro nell’evidenza scientifica”. Di contro, conclude Claudio Bosio, preside della Facoltà di psicologia dell’università Cattolica di Milano, “la promessa ‘senza olio di palma’ sembra limitarsi a una dichiarazione di fatto, ma sul piano pragmatico, tipico della comunicazione sociale, l’enfasi sul ‘non contiene’ evoca e rafforza l’idea che l’ingrediente sia cattivo”.