Piccoli droni testati sulla Stazione Spaziale Internazionale (Iss) hanno imparato a muoversi e stimare le distanze usando un solo occhio, il tutto in assenza di peso. L’esperimento, coordinato da ricercatori dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa), e’ stato ideato per migliorare l’intelligenza dei robot che in futuro saranno impiegati in missioni spaziali sempre piu’ complesse. I risultati dello studio, a cui ha partecipato anche l’italiano Dario Izzo, di Esa, sono stati presentati al Congresso Internazionale di Astronautica che si e’ concluso a Guadalajara, in Messico. Uno dei grandi limiti dei robot usati finora nelle missioni spaziali e’ la loro scarsa ‘intelligenza’, nel senso che rover e altri dispositivi impiegati vengono normalmente comandati dall’uomo in modo piu’ o meno diretto lasciando pochissimo spazio di autonomia al robot.
Questo per un semplice criterio di prudenza, perche’ il fallimento in queste circostanze avrebbe impatti troppi gravi o onerosi. Ispirati ai meccanismi di apprendimento adottati in questi anni nello sviluppo delle automobili a guida autonoma i ricercatori stanno ora tentando di ridurre i rischi a zero. Uno dei primi passi in questa direzione arriva dai test fatti con con piccoli droni (detti Spheres e sviluppati anche per progetti di didattica con le scuole) che si trovano sulla Iss. L’obiettivo era dimostrare come i robot possano funzionare e muoversi perfettamente anche in condizioni di difficolta’. Dopo aver esplorato lo spazio all’interno della Iss usando 2 ‘occhi’ (delle videocamere), i droni sono stati ‘accecati’, ossia hanno dovuto lavorare usando un solo occhio (simulando un guasto). Esattamente come per gli uomini, i robot sono stati in grado di continuare a valutare perfettamente distanze e grandezze degli oggetti e funzionare pienamente.