Per Curiosity furono sette. Per il lander di ExoMars Schiaparelli saranno sei. Parliamo, in entrambi i casi, di quelli che gli esperti d’approdi marziani chiamano ‘minutes of terror’: minuti di terrore. Quell’intervallo interminabile fra il momento in cui il lander entra in contatto con la rarefatta atmosfera del pianeta e l’istante del touchdown. Sei minuti – per l’esattezza, 5 minuti e 53 secondi, dalle 16:42 alle 16:48 ora italiana di domani 19 ottobre – durante i quali – spiega Marco Malaspina su Media INAF – la velocità di Schiaparelli dovrà scendere da 21 mila km/h a zero. Sei minuti che tutti gli scienziati e gli ingegneri della missione non vedranno l’ora che terminino. Tutti tranne lei, che vorrebbe non finissero mai: Francesca Ferri.
Quarantanove anni, laurea in fisica a Roma, poi a Padova per un dottorato in scienze e tecnologie spaziali. Quindi anni di ricerca all’estero – fra Stati Uniti, Olanda e Francia. E infine il rientro in Italia, al CISAS, il Centro di Ateneo di Studi e Attività Spaziali “Giuseppe Colombo” dell’Università degli Studi di Padova. Sposata e mamma d’un bimbo di sette anni «molto nerd» («a Topolino già preferisce paracaduti e sonde spaziali», racconta), Francesca Ferri è la responsabile scientifica dell’esperimento AMELIA a bordo del lander Schiaparelli. L’esperimento che in quei sei minuti si giocherà il tutto per tutto.
Sei minuti sembrano davvero pochi: come li impiegherà, AMELIA?
«Sì, è un tempo breve, ma ci permetterà comunque di ricavare dati unici sull’atmosfera di Marte. Misureremo il profilo atmosferico del pianeta in termini di densità, pressione e temperatura. Una fotografia scattata localmente che consentirà di rilevare, per esempio, inversioni di temperatura e altre variazioni altrimenti non misurabili, né da Terra né tantomeno dall’orbiter».
Sperate in qualche dato sorprendente?
«Più che un dato in particolare, la gioia sarà riuscire finalmente ad averle, queste misure. Sarà un grande successo per l’Europa. Con Huygens, una collaborazione europea a leadership italiana alla quale ho lavorato, siamo riusciti ad arrivare su Titano. Ora è il turno di Marte. E non ci mancano i mezzi per farlo».
Veniamo al nome, AMELIA: solo un acronimo o c’è qualcosa di più?
«Sono le iniziali di Atmospheric Mars Entry and Landing Investigations and Analysis, e quando è uscito ci è piaciuto subito. Perché Amelia, nel mondo di Paperopoli, è la protagonista italiana: la strega che abita alle pendici del Vesuvio, in compagnia d’un corvo, Gennarino, che vola seduto dietro di lei sulla scopa. Insomma, una strega italiana che vola c’è parso che potesse rappresentare bene il nostro esperimento».
L’Amelia di Paperopoli è ossessionata dalla “Numero Uno”, la monetina di Paperone. Anche lei ha un oggetto o un rito scaramantico, per affrontare i “sei minuti di terrore”?
«No, nessun rito od oggetto portafortuna, solo un desiderio: in quei sei minuti voglio trovarmi il più possibile vicino ad AMELIA e ai suoi dati. Il che significa che sarò a ESOC, in Germania, al centro di controllo della missione. Quel che è certo è che, quei sei minuti, li trascorrerò davanti al monitor d’un computer!»