Venerdì 28 ottobre si è tenuto il secondo dibattito di Stanza 101, associazione culturale reggina che si propone l’obiettivo di stimolare un pensiero critico ed impertinente rispetto alle tematiche di attualità nella società contemporanea. Oggetto dell’incontro, tenutosi all’interno del gazebo del Caffè Matteotti e moderato dal giornalista Antonio Virduci, è stato “Internet e social, da strumento a condizionamento”, e diversi fra loro sono stati i protagonisti del dibattito: Alice Delfino, insegnante alle Scuole Superiori ed educatrice del “Progetto Teen Star”; Bruno Faccioli, giovane studente di Scuole Superiori; Giuseppe D’Agostino, docente di scuole medie; Serena Pastore, giovane volontaria del Servizio Civile Nazionale.
È innegabile come ormai gli smartphone ormai siano diventati un prolungamento del nostro braccio ma cosa cerca l’Uomo in questo strumento? La questione su internet ed i social è subito affrontata dai presenti da una prospettiva antropologica di non facile soluzione. D’Agostino cerca per primo di fornire un’interpretazione e denuncia come internet sia un non luogo, ovvero internet mentre riesce a mettere tutti in connessione in realtà non crea comunicazione. “Ci hanno insegnato che se non siamo connessi siamo fuori dal mondo” ma questo stato viene paragonato dal professore D’Agostino ad un cervello nella vasca. Ci si perde nello schermo di un computer o di uno smartphone credendo di fare comunicazione “ma questo comunicare non significa comprendere la realtà”.
Per comprendere la realtà occorrono punti di riferimento e strutture educative che solo la famiglia è in grado di dare. Citando Giuseppe Brera, la professoressa Delfino descrive l’adolescenza come il Cairos, ovvero quel tempo giusto in cui i ragazzi incamerano i valori trasmessi ed il momento in cui vivono una vita nel pieno delle proprie possibilità. Per questo la famiglia diventa educativa nel momento in cui risulta essere anche una “testimonianza di vita, perché se il genitore sta sempre sui social anche il figlio lo farà. Internet ed i social non sono un male ma bisogna dare la priorità ad altri valori”.
Bruno Faccioli si dimostra un ottimo conoscitore di internet e dei social, e mette subito in evidenza i grandi vantaggi che offre questo mondo, in primis le opportunità di lavoro create. Si diffondono, infatti, nuove figure professionali quali i youtuber ed i facebook star, ovvero personaggi che con i loro video sono riusciti a creare un nuovo mercato. Esiste, però, come denuncia Bruno Faccioli, anche un lato oscuro di internet, ovvero “un mercato parallelo dove si possono trovare droga, armi, sicari, smercio di organi”. Anche in questo caso il giovane studente riesce a scorgere un lato positivo perché “attraverso questi sistemi clandestini, nei paesi totalitari come la Cina, le persone trovano uno spazio di libertà”.
Molto dura è l’opinione di Serena Pastore la quale vede le giovani generazioni quasi come degli zombies che passano giornate intere ad isolarsi con internet ed i social, “c’è sempre un motivo per stare nella vasca dello schermo mai per fare altro”. Per la giovane volontaria “oggi i ragazzi rinunciano a relazionarsi dal vivo, ad incontrarsi in un luogo reale e questo mi spaventa”. I social, che avrebbero dovuto essere una finestra sul mondo, in realtà si sono trasformati in uno specchio dove viene solo riflesso il proprio sé piuttosto che contribuire alla costruzione di una propria personalità nella relazione. È “narcisismo da social” che ormai si sviluppa quasi naturalmente nei bambini i quali già a due anni utilizzano gli smartphone. “Stiamo correndo troppo”, chiosa Serena Pastore.
A questa riflessione si ricollega il professore D’Agostino il quale dice che “la rete è uno mezzo bellissimo ma il problema è che stiamo dando questo strumento alle generazioni senza darne la consapevolezza di come si usa”.
Le conclusioni le trae, invece, la professoressa Delfino, la quale ricorda il ruolo fondamentale ed insostituibile della famiglia per la costruzione di un pensiero critico, per avere la capacità di distinguere il bene ed il male. Secondo la professoressa, “la speranza non deve essere il raggiungimento dell’autodeterminazione ma dell’auto-trascendenza, ovvero capire ciò che è importante ma non indispensabile, perché ciò che non è essenziale di fatto limita la nostra libertà”.
Internet e social, dunque, sono una grande opportunità per le generazioni ed anche una potente espressione di libertà ma solo nel momento in cui vengono usate con consapevolezza e senza condizionamento. Caso contrario l’Uomo si riduce a semplice consumatore, individuo isolato strumento dei meccanismi del mercato.