E’ solo questione di tempo, il vero gemello della Terra verrà trovato a breve: un pianeta roccioso e abitabile, possibilmente anche vicino a noi. Gli astronomi riuniti oggi ad Aosta ne sono convinti: basteranno 10 o al massimo 20 anni. E’ quanto è emerso nel convegno sui sistemi planetari Gasp (Global Architecture of Planetary Systems), una tre giorni in programma fino al 26 ottobre che si propone di analizzare i dati più recenti riguardanti i pianeti più esterni al Sistema Solare.
Tali dati riguardano soprattutto quelli rilevati dal Telescopio Nazionale Galileo, che si trova nelle isole Canarie. “Trovare davvero un pianeta come la Terra, con le stesse condizioni e vicino a noi è un traguardo ormai vicino, nell’ordine di grandezza di una decina d’anni”, ha detto Alessandro Sozzetti, dell’Osservatorio di Torino dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) che è anche uno degli organizzatori del convegno. I pianeti extrasolari conosciuti sono ormai migliaia, ma si tratta soprattutto di oggetti lontanissimi da noi ed oltrettuto sono in pochissimi ad avere caratteristiche simili alla Terra.
Una delle limitazioni che ha impedito di ottenere buoni risultati nella scoperta di pianeti gemelli, è dovuta ai limiti tecnici di Kepler, il telescopio spaziale della Nasa. Infatti, nonostante la sua grande precisione abbia permesso la conoscenza dei pianeti esterni al Sistema Solare, Kepler attualmente non è in grado di osservare nei dettagli i ‘dintorni’ della Terra. Ci saranno quindi dei nuovi strumenti che tenteranno di colmare questa lacuna, tra cui Espresso, che consiste in nuovi ‘occhiali’ per il telescopio Vlt (Very lage Telescope) dell’Osservatorio Europeo Meridionale (Eso). Nello spazio, invece, ci penseranno le missioni spaziali dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa) Cheops e Plato. “Qui ad Aosta – ha detto Sozzetti – si farà il punto della situazione, in particolare discutendo sui dati in arrivo dal Telescopio Galileo, un potentissimo strumento realizzato con il contributo italiano, che in questi anni sta rivoluzionando quello che sapevamo sulla composizione dei pianeti scoperti finora da Kepler”.