Come fanno alcuni virus a dribblare le difese naturali dell’organismo, invadendolo e causando malattie? Gli scienziati dell’Irccs ospedale San Raffaele di Milano sono riusciti a spiegare per la prima volta la strategia adottata da alcuni microrganismi – come i virus dell’Aids (Hiv) e delle epatiti B e C (Hbv e Hcv) – per ingannare il sistema immunitario, ‘impossessarsi’ delle cellule bersaglio e proliferare liberamente. Il lavoro, pubblicato su ‘Science Immunology’, è coordinato da Matteo Iannacone, cervello italiano rientrato in patria dagli Usa dopo aver vinto il ‘Career Development Award’ della Fondazione Armenise-Harvard, che gli ha permesso di aprire un nuovo laboratorio presso l’Istituto di via Olgettina.
Il team di ricerca – spiegano dal San Raffaele – ha utilizzato una rivoluzionaria tecnica di microscopia in vivo, la microscopia intravitale, che ha permesso di osservare dall’interno e in tempo reale come si comportano le cellule del sistema immunitario in azione. In genere quando un virus entra nell’organismo i linfociti B, un tipo di globuli bianchi, si attivano e producono anticorpi specifici: proteine a forma di Y che si attaccano alla superficie del microrganismo intruso, disattivandolo o segnalandolo ad altri ‘poliziotti’ del sistema immunitario che possono così riconoscerlo ed eliminarlo. Ma alcuni tipi di virus – come appunto Hiv, Hbv e Hcv – sono in grado di bloccare questo processo: evadono le difese e si moltiplicano nell’organismo, senza che il sistema immunitario possa fermarli.
Il motivo per cui alcuni germi nemici vengono eliminati immediatamente e altri no è rimasto finora misterioso. Adesso gli studiosi milanesi forniscono una prima spiegazione a livello molecolare. “Siamo andati a osservare con la microscopia intravitale cosa accade nei linfonodi, dove normalmente i linfociti B si attivano per produrre gli anticorpi – riferisce Iannacone, a capo dell’Unità di ricerca in dinamica delle risposte immunitarie, interna alla Divisione di immunologia, trapianti e malattie infettive del San Raffaele – L’obiettivo era capire cosa va storto nel funzionamento della risposta immunitaria”. Gli scienziati hanno così osservato che i virus capaci di sfuggire alle difese immunitarie richiamano nei linfonodi una popolazione particolare di cellule – i monociti infiammatori – e le scatenano contro i linfociti B, uccidendoli: questo blocca la produzione di anticorpi permettendo al virus di proliferare. “Una volta identificato il meccanismo che i virus sfruttano per persistere nell’ospite – prosegue Iannacone – abbiamo provato a intervenire direttamente sui monociti infiammatori che sembravano ostacolare la risposta immunitaria e abbiamo scoperto che eliminandoli, impedendone l’arrivo nei linfonodi o ancora disattivandone la funzione si ripristina una corretta risposta immunitaria: i linfociti B riescono di nuovo a produrre anticorpi così da eliminare il virus”.
Per visualizzare le varie fasi della risposta immunitaria, Iannacone e colleghi hanno utilizzato il virus dei topi Lcmv, molto usato in campo scientifico per mimare alcuni tipi di infezioni virali nell’uomo, e in particolare quelle causate dai cosiddetti virus non-citopatici come Hiv, Hbv e Hcv. Gli scienziati ritengono dunque che il meccanismo messo in atto dall’Lcmv potrebbe essere lo stesso usato dai virus non-citopatici nell’uomo, per evitare di farsi eliminare dal sistema immunitario nelle prime fasi dell’infezione. Il lavoro – finanziato da European Research Council (Erc), Fondazione Giovanni Armenise-Harvard, Associazione italiana per la ricerca sul cancro (Airc), European Molecular Biology Organization (Embo) e ministero della Salute italiano – potrebbe avere applicazioni anche nella progettazione dei vaccini, il cui obiettivo è proprio quello di indurre la produzione degli anticorpi. “Capire come alcuni virus sono in grado di impedirla può aiutarci a disegnare vaccini migliori”, confidano gli autori.