La terra continua a tremare e l’Italia bersagliata dal terremoto rischia di vivere una nuova “crisi sismica”. Nelle ultime 18 ore abbiamo avuto forti scosse distintamente avvertite dalla popolazione su gran parte del Centro/Sud: prosegue lo sciame sismico sull’Appennino centrale, tra Umbria e Marche, dopo i forti terremoti dei giorni scorsi e degli ultimi due mesi. Alle 12:16 di stamattina l’ultima scossa forte, di magnitudo 3.6: gli esperti continuano a ribadire i rischi sull’Appennino settentrionale con la “migrazione” dello sciame verso Nord, fino all’Emilia Romagna. Da queste parti è da circa 20 anni che la terra trema in continuazione: prima il terremoto umbro del 1997, poi L’Aquila nel 2009, l’Emilia Romagna nel 2012 e adesso ancora l’Appennino nel 2016. E’ la zona più attiva d’Italia in questo periodo, e ogni indicazione storica lascia presagire una continuazione dell’attività sismica proprio nelle Regioni del Centro/Nord.
Ma nelle ultime ore tante scosse sismiche, anche forti, hanno interessato il Sud: non c’è neanche il tempo di voltare lo sguardo che un nuovo sismografo segnala movimenti sismici. E al Sud la paura è tanta, perché da un lato c’è la consapevolezza di vivere nella zona a più alto rischio sismico d’Europa, dall’altro c’è il “silenzio” sismico degli ultimi decenni. L’ultimo forte terremoto risale al 1980 in Irpinia, comunque sull’Appennino centro/meridionale. Ma tra Calabria centro/meridionale e Sicilia, proprio nella zona a più alto rischio dove si possono verificare i terremoti più distruttivi fino a magnitudo 7.5, è da oltre un secolo che non si verificano scosse particolarmente significative, da quel 1908 in cui lo Stretto di Messina veniva devastato da un terremoto di magnitudo 7.2 con annesso tsunami in grado di uccidere oltre centomila persone. Soltanto il terremoto del Belice (1968, di magnitudo 6.2) e quello del Golfo di Patti (1978, magnitudo 6.1) hanno superato la magnitudo 6 negli ultimi centootto anni. Poi c’è stato il terremoto di Santa Lucia nella Sicilia orientale (13 dicembre 1990, magnitudo 5.7) e un lunghissimo “silenzio” sismico.
Quello di ieri sera alle 22:02 nel basso Tirreno (magnitudo 5.7) è stato uno dei terremoti più forti dell’ultimo secolo al Sud Italia, anche se fortunatamente non distruttivo grazie alla grande profondità. Poi oggi alle 13:58 altra scossa forte e profonda, di magnitudo 4.3 tra Maratea e Lauria, in Basilicata, tra Calabria e Campania. Sempre stamattina un piccolo sciame sismico ha interessato i Nebrodi in Sicilia, a Cesarò, con sei scosse tra cui la più forte di magnitudo 3.2 alle 12:39.
Sono segnali da non sottovalutare: cosa fare? Il discorso è sempre lo stesso, al punto che potrebbe sembrare una “predica“. Non è vero che i terremoti non si possono prevedere: non possiamo prevederli con precisione, nel senso che non sappiamo quando si verificheranno. Ma sappiamo benissimo dove colpiranno: basta osservare la mappa accanto. La tempistica delle scosse non ha alcuna importanza: basterebbe costruire rispettando la (rigida) normativa antisismica del nostro Paese, e nessun terremoto ci farebbe paura. La messa in sicurezza dell’Italia non è qualcosa che si può ulteriormente rimandare: facciamo tesoro della nostra esperienza storica per tutelare l’incolumità futura. Perché ad uccidere non sono mai i terremoti, ma si muore soltanto per le costruzioni fatte male. E nel 2016 non è accettabile.