C’erano dei segnali che qualcosa la’ sul Monte Porche, in mezzo ai Monti Sibillini tra Castelluccio di Norcia, Castel Sant’Agelo sul Nera e Ussita a Nord che indicavano che qualcosa, sotto il profilo sismico, era pronto ad accadere. “Proprio una decina di giorni fa ho inviato alla rivista ‘Annals of Geophysics’ una bozza di articolo in cui avevo indicato la comparsa nella zona intorno al Monte Porche di segnali interessanti. Sarebbe troppo parlare di di una serie di segnali che, letti all’interno di un contesto sismogenetico preciso, potevano essere considerati come predittivi di un terremoto; pero’, ad esempio, vi son stati comportamenti animali in zona Norcia-Cascia negli ultimi 2 giorni tipici di scosse sismiche importanti imminenti: esiste ormai vasta letteratura su questo e non solo i miei lavori“. A parlare in questi termini in un’intervista all’AGI è Fedora Quattrocchi, sismogeochimica dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) che sta lavorando proprio al riconoscimento dei cosiddetti precursori sismici.
“Si tratta – spiega Quattrocchi – di una serie di segnali che possono essere utilizzati per comprendere l’evoluzione di una situazione geologica e che possono informare circa il rischio che una data situazione geosismica evolva verso un terremoto. Sono segnali di diversa natura. Per esempio, geofisici e geochimici, come le variazioni di livello o di composizione chimica e di temperatura delle sorgenti e delle emissioni di gas naturali. Possono essere inseriti in questo contesto anche le osservazioni circa il comportamento degli animali che in molti casi hanno manifestato comportamenti insoliti nei giorni precedenti un sisma“.
Non si tratta di un sistema che permette di fare previsioni deterministiche circa l’imminente arrivo di una scossa, cioè non sono ricerche che ci permetteranno ancora a breve di dire che ci sara’ un terremoto in un luogo preciso il tale giorno o alla tale ora, ma queste ricerche permettono agli scienziati e agli enti predisposti di avere un quadro più esaustivo circa le dinamiche geologiche in atto. “La previsione – dice Quattrocchi – e’ un obiettivo ancora lontano, soprattutto se chi detiene lo scettro sismologico italiano non dedica risorse e personale verso questo difficile obiettivo“.
“Si tratta di analizzare una serie di meccanismi, all’interno di una dinamica geologica specifica. E’ come aggiungere pixel alla lettura di una immagine che appare ancora troppo sfocata“, spiega la geologa che da ormai venticique anni percorre in lungo e in largo i Sibillini ed altre zone di faglia con metodi sismogeochimici. “La nostra attenzione si era concentrata su quella zona prevalentemente perché – racconta la geologa che ci tiene a parlare a titolo personale – sembrava essere, prima di tutto, al centro di una anomalia sismica tra segmenti di faglia mossi nel 2009 dal terremoto di L’Aquila e quello di Colfiorito (1997-98) con fluidi circolanti che hanno un preciso ruolo messo ormai in luce da ampia letteratura. In particolare, Monte Porche e’ situato tra il segmento di faglia dei terremoti iniziati nell’agosto 2016 e quello da ieri interessato da una ‘nuova’ sequenza sismica, era interessante, per essere un elemento trasversale antiappenninico oltre cui di fatto i terremotini della sequenza sismica, iniziata ad agosto, erano quasi assenti, come se vi fosse una asperita’ che non permetteva lo scorrimento tra blocchi crostali, ovvero terremoti. Eravamo insomma – prosegue Quattrocchi – davanti a una discontinuita’, un elemento trasversale che divideva i segmenti di faglia. Oltre a questa analisi complessiva dello stato dell’arte sismico dell’area, a colpire la sismologa dell’Ingv anche ci sono state altre anomalie, stavolta legate all’ambito dei cosiddetti precursori“. Quattrocchi racconta che “una sorgente in localita’ Cerreto di Spoleto, la sorgente Bagni di Triponzo, che aveva gia’ dato segnali in occasione di altri terremoti, aveva cominciato ad ad abbassarsi di livello. Tutto questo ci ha spinti a scrivere un articolo che abbiamo sottoposto alla pubblicazione di questa importante rivista scientifica e ora siamo in attesa di pubblicazione. Abbiamo avuto molte difficoltà a raccogliere le risorse necessarie alle nostre ricerche, anche perché l’ultimo finanziamento risale a quanto Enzo Boschi era ancora direttore dell’Ingv“, conclude Quattrocchi.