Anno 2050: stop alla tubercolosi. L’Italia raccoglie la sfida dell’eliminazione della Tbc per metà millennio, lanciata dall’Assemblea mondiale della salute che entro quella data punta a raggiungere un -90% delle diagnosi. Nel nostro Paese l’obiettivo è passare da 10 casi per 100 mila abitanti a meno di 10 per milione nel 2035, fino a scendere a meno di 1 caso per mln nel 2050. Come? Prendendo le ‘impronte digitali’ al batterio che causa la malattia, così da tracciare l’identikit dei ceppi più diffusi per combatterli meglio con interventi su misura. Ma anche attivando un Registro dei casi latenti e dei superbatteri resistenti ai farmaci, e promuovendo la ricerca sui vaccini. E’ questo il senso del primo documento nazionale di consenso che punta a bloccare la catena dei contagi, presentato in occasione del 17esimo Congresso della Società italiana di pneumologia (Sip), in programma a Milano dal 5 al 7 ottobre.
Secondo i dati del ministero della Salute, nel decennio 2004-2014 lungo lo Stivale il numero dei casi notificati di Tbc è intorno ai 5 mila all’anno: oltre la metà in cittadini stranieri che sbarcano sulle coste della Penisola da nazioni dove l’infezione è molto frequente, e che nel 40% dei casi si ammalano nei primi 2 anni dall’arrivo nel Belpaese, complici anche le condizioni di stress e disagio in cui sono costretti a vivere. Non mancano tuttavia episodi di infezione che colpiscono italiani, come accaduto di recente a una pediatra di Trieste. “L’Italia oggi è un Paese a bassa endemia di tubercolosi – tengono a precisare gli specialisti – anche se, come prima frontiera nell’accoglienza di migranti provenienti da aree dove la malattia è molto diffusa, deve gestire in modo efficiente il monitoraggio, la diagnosi e la cura dei nuovi casi, assicurando il rispetto del diritto alla salute dei cittadini italiani e non, e salvaguardando i diritti umani“.
Nasce da queste osservazioni il documento di consenso, redatto da un gruppo di esperti italiani in rappresentanza dell’Istituto superiore di sanità, dei centri di collaborazione Oms (Fondazione Maugeri di Tradate, Varese; università degli Studi di Brescia; Irccs San Raffaele, Milano), delle società scientifiche italiane di area pneumologica, infettivologica, di medicina preventiva e laboratoristica, della Società europea di pneumologia (Ers) e delle Regioni.
“L’attuale diffusione della tubercolosi in Italia rende possibile ipotizzare il raggiungimento dell’obiettivo” 2050 anno ‘Tbc-free’, afferma Francesco Blasi, presidente della Sip. “Tuttavia – ammonisce – è necessaria una precisa strategia per il corretto utilizzo degli strumenti diagnostici di nuova generazione e soprattutto delle terapie, per trattare sia la malattia nelle forme resistenti sia le infezioni tubercolari latenti. Oggi riusciamo a ridurre l’incidenza della malattia del 2-5% ogni anno, e l’obiettivo è diminuirla del 20% l’anno: è possibile, focalizzando gli interventi nei gruppi a rischio ed elaborando piani di intervento per la tubercolosi associata alla migrazione“.
“In Italia – riflettono infatti gli specialisti in summit – arrivano migliaia di migranti provenienti da Paesi dell’Africa subsahariana dove l’endemia è elevata, e da Paesi dell’ex Unione Sovietica e del Medio Oriente dove, oltre a essere molto diffusa, la malattia è spesso causata da batteri multiresistenti che non rispondono alle consuete terapie e sono correlati a una mortalità del 50%: una strategia di monitoraggio e individuazione dei casi è perciò indispensabile per tutelare il diritto alla salute dei concittadini e anche dei migranti stessi“.
“Negli ultimi 10 anni l’incidenza di tubercolosi in Italia è rimasta sostanzialmente stabile sui circa 7 casi per 100 mila abitanti – prosegue Blasi – con un graduale aumento della quota relativa a pazienti nati all’estero, che ha compensato la progressiva riduzione dei casi italiani. Gli italiani nell’immediato non stanno andando incontro a un più alto rischio di ammalarsi a causa dell’ondata migratoria – puntualizza l’esperto – ma certo i migranti pongono una questione di sanità pubblica ineludibile, una domanda di salute a cui è doveroso rispondere per tutelare i loro diritti e per proteggere tutta la popolazione. L’obiettivo del documento è perciò la creazione di una rete di sorveglianza capillare e coordinata”.
“In Italia esistono già laboratori in grado di effettuare diagnosi all’avanguardia in brevissimo tempo“, ricorda Blasi. “Dobbiamo far sì che possano essere accessibili attraverso un network di centri collegati fra loro – esorta il numero uno della Sip – e che sia creato un Piano nazionale per l’introduzione di test molecolari rapidi, così da prendere le ‘impronte digitali’ dei bacilli per tutti i pazienti individuati“. Lo scopo è “conoscere i ceppi che più si stanno diffondendo, avere informazioni condivise in merito e poter quindi curare i pazienti al meglio, utilizzando le strategie più adeguate per la situazione che si sta presentando nel Paese“.
“Al via anche la creazione di un Registro nazionale dei casi di infezione tubercolare latente e dei ceppi multiresistenti, quelli che più preoccupano e che spesso occorre gestire attraverso una collaborazione con colleghi di altri Paesi“, annuncia Giovanni Battista Migliori, direttore del Centro di collaborazione Oms per la tubercolosi e le malattie polmonari della Fondazione Maugeri di Tradate. “Vorremmo attivare un TB Consilium in italiano sulla base di quello gratuito e già funzionante dell’Ers – prosegue lo specialista – per una corretta gestione interdisciplinare dei casi e l’uso razionale dei nuovi farmaci“.
“L’eliminazione della tubercolosi è possibile – conferma Migliori – ma richiede uno sforzo collettivo, coordinato e condiviso che il nostro Paese è pronto ad affrontare. Obiettivo del documento è anche potenziare la ricerca nel settore dei vaccini per la malattia, nel quale non si sono avuti progressi sostanziali. Qualche novità c’è per i farmaci (alcuni principi attivi come bedaquilina e delamanid sono molto efficaci anche contro le forme multiresistenti e ben tollerati), tuttavia nulla potrà essere davvero decisivo – avverte l’esperto – senza una strategia comune e condivisa come quella proposta nel Consenso, che diventa da oggi una base solida su cui lavorare per liberare l’Italia e il mondo dalla tubercolosi“. (AdnKronos)