Sono tante le alluvioni che hanno colpito l’Italia negli ultimi decenni. Solo alcune però sono rimaste nella memoria collettiva. Una di queste è l’alluvione di Firenze.
Era il 4 novembre 1966, esattamente 50 anni fa, quando la città famosa in tutto il mondo per i suoi tesori artistici venne colpita da una piena eccezionale del fiume Arno. Il centro storico venne invaso dall’acqua e luoghi ricchissimi di opere d’arte e documenti antichi, come la Galleria degli Uffizi e la Biblioteca Nazionale Centrale, vennero invase dal fango.
L’ alluvione del novembre 1966 non colpì solo Firenze: interessò praticamente l’interno bacino idrografico dell’Arno. Esondarono decine di affluenti del fiume toscano, e vennero inondante paesi, cittadine e moltissime aree di campagna, che ricevettero un duro colpo. Inoltre sempre in quei giorni alluvioni molto estese si verificarono anche in Friuli, Trentino e Veneto. Ci furono decine di vittime.
Ma quale fu la dinamica dell’alluvione? Gli ultimi dieci giorni di ottobre e i primi di novembre erano stati caratterizzati da piogge molto abbondanti sul bacino dell’Arno.
L’area era quindi già caratterizzata da terreni saturi e falde idriche non più in grado di ricevere acqua di precipitazione. Il 3 novembre, una nuova ondata di maltempo causata dallo scontro di un fronte freddo di provenienza artica ed uno caldo proveniente dal nord Africa portò precipitazioni molto abbondanti su tutto il bacino e neve sulle vette appenniniche del Mugello e del Casentino. Dal pomeriggio del 3 novembre caddero in molte zone della Toscana fino a 200 mm di pioggia in poche ore. Sempre nel pomeriggio del 3 novembre un aumento delle temperature portò allo scioglimento delle nevi appena cadute sull’Appennino, con ulteriore aumento delle portate degli affluenti.
Fu in serata che iniziarono a verificarsi le prime inondazioni in provincia di Arezzo e numerosi smottamenti e frane lungo il reticolo idrografico dell’Arno. Prima della mezzanotte sette persone morirono a Reggello, investite dalle acque in piena del torrente Resco. Da quel momento fu un crescendo continuo, fino all’inondazione di Firenze che avvenne a partire dalle 4 di notte. In tutto questo la gestione dell’emergenza apparve quanto mai disastrosa: ai dispacci allarmati inviati dai comandi militari della Toscana al Ministero della Difesa e degli Interni si rispose da Roma con un invito ad evitare allarmismi ed alla calma. La città toscana (così come i tanti centri minori) rimase totalmente in balia dell’inondazione, senza nessun preallarme, colta del tutto alla sprovvista.
Alla fine la piena al momento di massimo verrà stimata in 4100 m3/s (dati dell’Autorità di Bacino dell’Arno), e colpirà duramente la città e la provincia, lasciando in tutto 34 vittime, di cui 17 a Firenze e 17 nei comuni limitrofi.
Un aspetto positivo che accompagnò il dopo-alluvione fu l’enorme solidarietà alle popolazioni colpite che arrivò soprattutto dai giovani. In moltissimi arrivarono da tutto il paese, recandosi spontaneamente a Firenze per aiutare nel difficile lavoro di recupero dei manoscritti della Biblioteca nazionale, o delle opere d’arte degli Uffizi, tesori che erano finiti sotto acqua e fango. Vennero chiamati “gli angeli del fango”. Spesso erano gli stessi ragazzi che in tutta Italia iniziavano a partecipare alle contestazioni e alle ribellioni che sarebbero poi sfociate nel movimento del 1968.