E’ ritornato nel complesso della basilica di Santa Croce, a 50 anni esatti dall’alluvione dell’Arno, il capolavoro restaurato di Giorgio Vasari “L’Ultima Cena”, che acqua e fango travolsero in una sala del museo nel novembre 1966. Il restauro-simbolo del 50° anniversario è stato reso possibile grazie all’impegno del laboratorio dell’Opificio delle Pietre Dure e al contributo di Prada, Getty Foundation e Dipartimento della protezione civile. Per il capolavoro del Vasari è stato appositamente pensato e creato un sistema di contrappesi che ne permette il rapido sollevamento meccanico in caso di preallerta per una nuova alluvione. La ricollocazione dell’opera del Vasari nella Sala del Cenacolo è avvenuta oggi alla presenza del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. “E’ una storia straordinaria di studi, speranze, restauro e avanguardie tecnologiche, generosità dei mecenati e attese ha permesso di riconsegnare al mondo un capolavoro. E’ ritornato alla luce e al colore, quanto pareva spento per sempre“, ha detto Irene Sanesi, presidente dell’Opera di Santa Croce. Il restauro dell'”Ultima Cena” del Vasari, a lungo considerato di pressoché impossibile recupero, e per questo rimasta per 40 anni nei depositi della Soprintendenza, “rappresenta la vittoria di una sfida che l’Opificio delle Pietre Dure ha raccolto nel 2004 e che ha portato a compimento grazie alla sua molteplice natura di laboratorio operativo, istituto di ricerca e scuola di restauro“, ha spiegato Marco Ciatti, soprintendente dell’Opificio. “Queste linee di azione hanno contribuito a costruire un progetto innovativo che ha conseguito risultati superiori alle aspettative e che ha potuto usufruire – ha aggiunto Ciatti – del supporto della protezione civile, della Getty Foundation e di Prada, oltre al consueto sostegno da parte del Ministero dei Beni culturali“. Il dipinto fu realizzato da Giorgio Vasari nel 1546 per il refettorio delle Murate, il monastero di benedettine di clausura situato nell’attuale via Ghibellina. Con la soppressione degli ordini religiosi (1808-1810) attuata dal governo francese, allora insediato a Firenze a seguito dell’annessione della Toscana alla Francia, anche questo monastero venne chiuso, i suoi beni incamerati e trasferiti nei depositi della città. “L’Ultima Cena” venne trasportata nel convento di San Marco e nel 1815 trasferita nella cappella Castellani in Santa Croce. Qui rimase per più di cinquant’anni finché negli anni ottanta dell’800 venne traslocata nell’antico refettorio, o Cenacolo, del convento, già destinato a diventare spazio museale. Con l’ampliamento del Museo, tra il 1959 e il 1962, il grande dipinto a olio su tavola venne nell’attuale prima sala, dove rimase sommerso dall’acqua e dal fango il 4 novembre 1966. “L’Ultima Cena” di Giorgio Vasari, trasferita dopo il 1966, per decenni è stata conservata in un deposito della Soprintendenza insieme a molte altre opere alluvionate. Dopo cinquanta anni, grazie a nuove tecnologie, all’impegno dell’Opificio delle Pietre Dure, è stato ultimato il miracoloso restauro e il dipinto ricollocato nel Cenacolo di Santa Croce. Gran parte delle opere del Museo sono state trasferite, tra 2013 e 2014, a una quota superiore in spazi adiacenti alla Basilica, mentre per questa del Vasari è stato appositamente pensato e creato un sistema di contrappesi, realizzato anche grazie al contributo di Fondazione Cr Firenze, che ne permette il rapido sollevamento meccanico in caso di preallerta. Il ritorno dell'”Ultima Cena” a Santa Croce è un virtuoso esempio di mecenatismo che ha visto insieme, in oltre dieci anni: Prada, grazie alla quale si è potuti intervenire sul dipinto, The Getty Foundation per il supporto ligneo e, inizialmente, Protezione Civile che ha permesso gli studi e le indagini. “Abbiamo accolto con entusiasmo l’invito del Fai a sostenere – tramite l’Opificio delle Pietre Dure – il recupero, quasi la rinascita, di un’opera così importante come l’Ultima Cena di Giorgio Vasari. Siamo quindi orgogliosi di aver contribuito a restituire alla città di Firenze, dopo 50 anni, quest’opera così significativa nella sua collocazione originale e a renderla accessibile al pubblico, che potrà ammirarne la bellezza“, ha commentato Patrizio Bertelli, amministratore delegato del Gruppo Prada. Nel 2011 Opera di Santa Croce, unitamente ad altri enti museali, ha sottoscritto un protocollo d’impegno a predisporre appositi piani di emergenza per la messa in sicurezza delle opere. Considerato che il preavviso massimo previsto dalla Protezione Civile non può essere superiore alle 18 ore e che in tale arco temporale non è realistico ipotizzare lo spostamento di tutte le opere, nel 2014, l’Opera ha provveduto a collocare il Cristo di Cimabue e le opere restaurate a una quota superiore al rischio esondazione. La grande croce dipinta, simbolo dell’alluvione del 1966, prima collocata nel Cenacolo, è adesso esposta in Sacrestia in assoluta sicurezza. Con la previsione del ritorno della tavola di Vasari si è posto il problema di una sua collocazione in sicurezza e la scelta del Cenacolo è stata valutata attentamente. Partendo dall’esperienza maturata grazie al Crocifisso con un sistema d’emergenza mediante argano, le ipotesi e gli studi si sono oggi indirizzati su un sistema più semplice e affidabile. Scartate possibili apparecchiature elettriche per evitare rischi in caso di interruzione di energia elettrica, sono stati ripresi antichi metodi basati su contrappesi con carrucole: la struttura lignea di contenimento del dipinto è stata dotata di un telaio metallico al quale sono ancorate delle barre estensibili la cui estremità è fissata alla parete del Cenacolo; due catene collegano l’opera con il contrappeso posto sulla parete esterna; il sistema di ingranaggi meccanici, infine, è dotato di un blocco di sicurezza per mantenere in posizione espositiva il dipinto e di un sistema frenante. In caso di sollevamento del dipinto, il sistema frenante consente di ridurre progressivamente la velocità del movimento fino a fermare il dipinto a circa 6 metri. La quota individuata è di oltre 1 metro rispetto al battente prevedibile di una possibile alluvione. Un fermo consentirà di mantenere il dipinto in posizione elevata e in stabilità. La movimentazione può essere effettuata da una sola persona nell’arco di 5/10 minuti. Il sistema di sollevamento è nato grazie alla collaborazione tra l’Università di Firenze, Geoapp srl e l’Ufficio Tecnico dell’Opera di Santa Croce, è stato sviluppato da Sertec sas e realizzato anche grazie al contributo di Fondazione Cr Firenze.