Alluvioni, geologi: non basta una sola legge per salvare città e vite umane

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«Bene quanto il governo sta facendo per la prevenzione del rischio idraulico e la messa in sicurezza del territorio con Italia Sicura, ma non basta». È quanto affermato da Francesco Peduto, presidente del Consiglio Nazionale dei Geologi intervenuto stamani a Firenze al convegno “Città storiche e alluvioni, La geologia e la gestione del rischio” organizzato dall’Ordine regionale dei Geologi della Toscana e dal Consiglio Nazionale dei Geologi. «Adesso ci sono i soldi per la prevenzione, ma anche trovare i soldi per gli investimenti strutturali non è sufficiente in considerazione dello stato di dissesto del territorio italiano», ha detto Peduto. «C’è bisogno di una nuova legge, più moderna, per la prevenzione e la protezione. Occorre affiancare agli interventi strutturali, quelli non strutturali, come i presidi idrogeologici già sperimentati in diverse regioni italiane». Dai dati dell’Ispra, ha evidenziato Peduto, «in Italia abbiamo oltre il 70% delle frane registrate in tutta Europa. Siamo un territorio giovane e fragile, siamo diversi dagli altri Paesi. Per questo per quanti soldi possano essere trovati, i soli interventi strutturali non bastano, servono interventi sistemici e coordinati mettendo insieme quelli strutturali con azioni e misure non strutturali di mitigazione del rischio».

Città sempre a rischio. Che le città siamo a rischio lo ha evidenziato anche la presidente dei Geologi della Toscana, Maria Teresa Fagioli. «In 50 anni dall’alluvione di Firenze molto è stato fatto, ma c’è ancora molto da fare soprattutto quando si parla di città. La loro resilienza è diminuita, un allagamento oggi provoca danni notevoli anche a causa della sensibilità e della vulnerabilità delle reti dei servizi». Per la presidente Fagioli, il ricordare è necessario, «perché chi dimentica la propria storia è condannato a riviverla» ed è altrettanto necessario « che i tecnici dialoghino su ciò che stato fatto e quello che si deve fare con un occhio geologico. Parlare non solo tra noi, ma allargando il dialogo alle altre professionalità italiane oltre che ai politici».

Nuova governance del rischio. Per quanto riguarda la difesa del rischio idrogeologico è in atto un cambiamento nella politica del governo. Lo ha spiegato Gaia Checcucci, direttore generale della direzione “Salvaguardia del Territorio e delle Acque”. «Arriva la riforma di governance attesa da più di dieci anni. Il decreto ministeriale in dirittura di arrivo, autorizza l’autorità di distretto, come unico soggetto chiamato a fare. È stato individuato un unico soggetto che fa, un contenitore di funzionalità tecniche che è la sintesi tra Stato e Regioni. Vengono autorizzati i Pgra, piani di gestione rischio alluvioni, e sono gli unici che riconosce l’Unione Europea. Allo stesso tempo vengono autorizzati i Pdg per la gestione delle acque». Altro aspetto, da non sottovalutare, «i 100 milioni di euro per il fondo per gli interventi. Adesso aspettiamo interventi cantierabili».

Insomma, adesso quello che manca, è fare. Occorre, per dirla con il vicepresidente dei Geologi della Toscana, Francesco Ceccarelli, «un cambio di mentalità, sviluppare un pensiero autorevole. Non serve rimpallarsi responsabilità sulla mancanza di soldi ma quello che è necessario è un passo in avanti da parte di tutti». E fare non soltanto per le città. Come ha evidenziato Marcello Brugioni, dell’Autorità di Bacino del fiume Arno. «Ci si preoccupa di mettere in sicurezza i centro storici e le città d’arte ma spesso il tessuto economico che le circonda è concentrato in hinterland cresciuti in aree a rischio. Quindi, salviamo gli Uffizi, ma non dobbiamo rischiare di far morire affogato una parte non trascurabile del tessuto economico del capoluogo toscano».

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