Parchi e aree protette come risorsa fondamentale del Belpaese. La legge quadro che li disciplina risale al 1991 ma al Senato è partito l’esame del ddl volto a riscrivere l’impianto normativo del settore. La proposta, su cui è relatore il senatore Massimo Caleo (Pd), riguarda ben 871 aree protette, che coprono una superficie di 32mila chilometri quadrati (il 10,5% del totale). A queste vanno aggiunti 28mila chilometri quadrati di superficie protetta a mare e i circa 2.300 siti di importanza comunitaria, divisi in zone speciali di conservazione e zone di protezione speciale, individuati dalle Regioni. In totale, si tratta di 24 parchi nazionali, 29 aree marine protette e 152 parchi regionali. Un patrimonio da tutelare al meglio anche in funzione, evidentemente, della preservazione del territorio e della biodiversità rispetto all’incuria dell’uomo e alle ferite della natura, tra terremoti, alluvioni e incendi. Con un’attenzione alle sfide poste dal climate change e alle minacce alla biodiversità. “La sfida ambientale del futuro -dice all’Adnkronos Caleo- sta nella capacità di connettere la normativa europea e internazionale con la vocazione e l’interesse delle comunità locali. Perché il parco, senza reale sinergia con il territorio, muore. E con questo ddl, che non stravolge la legge del 1991 ma la attualizza e ne corregge delle imperfezioni, speriamo di raggiungere l’obiettivo, in modo, spero, il più possibile condiviso”. Nell’arco degli ultimi 25 anni, in effetti, è mutata la regolamentazione europea in materia, mentre l’Agenda 2013 dell’Onu fissa obiettivi precisi, come l’obiettivo n. 14, di conservazione del mare e delle risorse marine per uno sviluppo sostenibile, e l’obiettivo 15: proteggere, ripristinare e favorire un uso sostenibile dell’ecosistema terrestre. La strategia dell’Agenda individua, tra gli altri, l’obiettivo di realizzare azioni efficaci ed immediate per ridurre il degrado degli ambienti naturali, arrestare la distruzione della biodiversità e, entro il 2020, proteggere le specie a rischio di estinzione. A livello europeo, poi, la Direttiva Habitat (n. 92/43/CE) indica le finalità di salvaguardare la biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali, nonché della flora e della fauna selvatiche nel territorio degli Stati membri. E fissa norme per la gestione dei siti della rete ecologica Natura 2000, che copre circa il 18% del territorio terrestre dell’Unione Europea e, pertanto, è la più grande rete ecologica del pianeta, che costituisce il principale strumento della politica dell’Unione Europea per la conservazione della biodiversità. A fronte di queste novità e della sempre maggiore consapevolezza ambientale e naturalistica diffusa, a palazzo Madama si è così messo mano a un ddl che è stato molto approfondito in commissione Ambiente (approvato con il solo voto contrario della Lega), con 25 audizioni svolte, 36 sedute in sede referente, 1.884 proposte emendative, senza contare le missioni nei territori dei vari parchi. Un impegno che si spiega alla luce del fatto che il sistema delle aree protette tocca, con intensità differenti, oltre la metà dei Comuni italiani, costituendo un’importante risorsa verde anche per le grandi città. Ma quali sono le principali novità contenute nei 15 articoli del ddl? Intanto, vengono precisate le caratteristiche dei parchi nazionali, dei parchi naturali regionali, delle riserve naturali e delle aree marine protette e le riserve naturali marine. Un’innovazione è rappresentata dalla norma secondo cui le aree marine protette e le riserve marine contigue o antistanti i parchi nazionali terrestri sono ricomprese integralmente nei parchi nazionali. L’art.2 dà la possibilità ai comuni delle isole minori in cui sono presenti aree protette di istituire un contributo fino a 2 euro per sbarco dei passeggeri sul proprio territorio e ciò ai fini della tutela ambientale di quelle aree. Si tratta di centri sottoposti a forte stress turistico, anche il classico ‘mordi e fuggi’, ad esempio nell’Arcipelago toscano, oppure le Egadi o le Eolie. Il ddl, inoltre, rende più snello il ‘governo’ del parco: Il problema dei lunghi commissariamenti e delle mancate intese viene eliminato, rafforzando il ruolo del presidente dell’Ente parco, che va nominato in tempi stretti. Il presidente viene nominato con decreto dal ministero dell’Ambiente, previa intesa della Regione, e nell’ambito di una terna di soggetti con una comprovata esperienza nelle istituzioni, nelle professioni e nella gestione di strutture pubbliche o private. La carica diventa incompatibile con qualsiasi altro incarico elettivo e con incarichi negli organi di amministrazione degli enti pubblici. Ogni Parco, inoltre, avrà tempi precisi, un anno, per definire il Piano parco, mentre finora molti enti non riuscivano a finalizzarlo. E ancora, come dice il relatore Caleo, “finalmente terra e mare si toccano anche dal punto di vista normativo: prima il Parco e l’area marina protetta erano entità separate, mentre in futuro non sarà più così. E le aree marine non saranno più una sorta di figlie di un dio minore, venendo dotate di pianta organica e di un direttore”. Altro elemento di rilievo è che “vengono messe in sintonia con il sistema le zone che l’Unione Europee ha definito come Zone speciali di conservazione (Zsc) e Zone di protezione speciale (Zps)” nell’ambito dei cosiddetti Sic, Siti di importanza comunitaria. “In Italia parliamo di qualcosa come 2300 realtà”, ricorda Caleo e “con il ddl connettiamo i parchi con queste zone tese a proteggere specie particolari di flora o di fauna”. I parchi, inoltre, sottoposti al monitoraggio dell’Ispra (Istituto superiore di protezione e ricerca ambientale) potranno aprirsi a sponsorizzazioni o a forme di cessione del marchio, ma sulla base di norme precise. Nascono i Comitati delle aree protette e della biodiversità. Insomma, una serie di accorgimenti e innovazioni che dovrebbero accrescere il livello di consapevolezza ambientale. La riforma della legge del ’91, di fatto, è una piccola conquista perché modificare la legge del 1991 per molti ambientalisti, all’inizio, sembrava la violazione di un tabù, visto che fu il coronamento di una stagione di battaglie e mobilitazioni dell’età aurea della consapevolezza ecologica in Italia. “In realtà -afferma Caleo, che è stato presidente del parco di Monte Marcello sul Magra, in Liguria- abbiamo lavorato in stretto collegamento con il mondo dell’associazionismo e il ddl recepisce molti punti delle richieste dell’ambientalismo. Ma in fin dei conti, la sfida per tutti, non solo per il mondo ambientalista, è affrontare con mezzi adeguati le minacce del cambiamento climatico e la mutazione degli habitat. E con il sistema dei parchi -conclude- l’Italia potrà attrezzarsi al meglio rispetto a quanto richiesto dagli standard contemporanei”.
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Ambiente: il Senato “riforma” i Parchi, tra normativa europea e cambiamenti climatici
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