La cocaina “fa male al cuore, anche a quello dei giovani. E il danno c’è indipendentemente dal modo in cui si assume. I rischi esistono anche per chi ‘prova’ solo una volta, ma questo i ragazzi non lo sanno: parliamo di trombosi, spasmi, aritmie, fibrillazione e infarto”. Lo afferma all’Adnkronos Salute Antonio Rebuzzi, professore di Cardiologia presso l’Università Cattolica di Roma e direttore della Terapia intensiva cardiologica del Policlinico Gemelli, che oggi a Roma ne ha parlato alla conferenza ‘ILoveLife: proteggi il tuo cervello e il tuo cuore da alcol e droga’, organizzata da Atena Onlus per aumentare la consapevolezza dei più giovani sui danni che queste sostanze possono provocare. L’iniziativa, ospitata dalla Camera dei Deputati, ha visto la partecipazione anche del celebre neurochirurgo Gulio Maira, che ha parlato degli effetti di queste sostanze sul cervello.
In sala gli alunni del liceo scientifico sportivo Pacinotti-Archimede di Roma. “Maira ha spiegato come e perché alcol e droga danno dipendenza, io invece – dice Rebuzzi – ho parlato del danno al cuore, in particolare da cocaina. Il consumatore tipo è giovane, fuma e non ha problemi cardiaci. Ebbene, bisogna parlare chiaro: anche un cuore sano rischia l’infarto”. “La cocaina infatti aumenta pressione, adrenalina e necessità di ossigeno. Ecco perché può provocare trombi, spasmo alle coronarie, aritmie e fibrillazione ventricolare. E’ stato fatto uno studio su ‘under 50’ che avevano avuto l’infarto: fra quelli sotto i 30 anni il 25% era cocainomane”. Inoltre il mix “coca più alcol, che è abituale, aumenta di 20 volte il rischio di mortalità. Qui non parliamo di pericoli teorici – aggiunge il cardiologo – ho fatto vedere ai ragazzi pezzi operatori, valvole sostituite in pazienti giovani con endocarditi, che assumevano droga. Mi sono parsi onestamente interessati: non sapevano davvero cosa si rischia. Ecco, mi pare che queste iniziative siano utili proprio perché contribuiscono a far capire ai giovani quali sono i pericoli reali. Inoltre molti ragazzi ci hanno chiesto se il rischio c’è anche se si prova una sola volta: la risposta è affermativa”, conclude.