Ne hanno sofferto Abramo Lincoln, Agatha Christie, Alessandro il Grande, Dante, Leonardo da Vinci, Michelangelo, Lenin, Pietro I di Russia, Napoleone Bonaparte, Beethoven, Nicolò Paganini e Dostoevskij. Sono solo alcuni dei grandi della storia colpiti dall’epilessia, una malattia neurologica dovuta sia a una predisposizione genetica, sia a lesioni cerebrali. Nel mondo colpisce 65 milioni di persone, 6 milioni solo in Europa. In Italia interessa 500 mila persone: 30 mila i nuovi casi diagnosticati ogni anno. Si manifesta con crisi di vario tipo nei primi anni di vita (entro i 12 anni nel 70% dei casi) con conseguenze negative sullo sviluppo psicomotorio e ricadute sul piano sociale.
Ma quando compaiono i primi sintomi? “L’epilessia si può manifestare a qualsiasi età tanto nei bambini quanto nell’adulto e anche nell’anziano. I picchi di incidenza maggiore sono in età pediatrica e nell’età più avanzata”, spiega Giancarlo Di Gennaro, responsabile dell’Unità di chirurgia dell’epilessia dell’Irccs Neuromed di Pozzilli (Isernia), dove oggi e domani si tiene ‘EPInForma’, un convegno sulle epilessie idiopatiche generalizzate (Ige).
Le cause di questi picchi di incidenza “sono molteplici. Nei bambini perché predominano le cause genetiche, quelle metaboliche, eventuali sofferenze alla nascita. Nell’anziano ci sono manifestazioni di tipo degenerativo o anche malattie che nell’adulto e nel giovane adulto non ci sono. Mi riferisco all’Alzheimer, oppure a tumori cerebrali o a fatti vascolari”, prosegue l’esperto. A destare preoccupazione sono le forme epilettiche nei più piccoli. “Nel neonato l’epilessia può manifestarsi con dei segni più sottili che nell’adulto – afferma Di Gennaro – Soprattutto nel neonato esistono delle forme, che hanno una causa metabolica o una mancanza di vitamina, che possono essere precocemente affrontate, evitando le conseguenze che si portano nell’età adulta”.
La febbre alta nei bambini può essere un fattore scatenante? “Sì. Esistono delle convulsioni che vengono con la febbre – risponde – che nella maggior parte dei casi sono fenomeni benigni che scompaiono in età scolare, entro al sesto anno di età. Esistono anche forme genetiche in cui la febbre è un fattore scatenante e sono anche più severe”. Gli antiepilettici “agiscono a livello del cervello. Modulando alcune sostanze, come ad esempio il sodio, si riesce ad abbassare la eccitabilità delle cellule nervose che producono le crisi”.
Ma il 30% di tutte le epilessie è resistente ai farmaci: di queste solo il 10-15% può essere trattata con la chirurgia. “Esistono pazienti in cui, nonostante molteplici terapie con farmaci antiepilettici, non c’è risposta alle medicine. In alcuni è possibile intervenire chirurgicamente, una procedura – sottolinea il neurologo – che viene eseguita qui al Neuromed e in pochissimi altri centri. In poche parole, individuiamo – attraverso studi sofisticati che implicano l’impiego di diverse tecnologie e metodiche – il punto della corteccia cerebrale che produce le crisi, in modo da poterlo rimuovere chirurgicamente”.
L’epilessia, che nei Paesi industrializzati colpisce una persona su 100, è ancora tenuta nascosta per motivi psicologici e sociali? “Sì, ma sempre meno. Pregiudizio ce n’è ancora, perché colpisce le persone in qualsiasi momento, si manifesta improvvisamente. In passato veniva considerata come una malattia dovuta alla possessione demoniaca. Per fortuna tutte le azioni delle società scientifiche e dagli operatori sul campo volte a sfatare il pregiudizio cominciano a dare i frutti”, sottolinea Di Gennaro.
Infine, in un caso su 3 si tratta di epilessie idiopatiche generalizzate. “Sono geneticamente determinate e interessano pazienti di entrambi i sessi e di tutte le razze – spiega ancora Di Gennaro – Si possono manifestare con assenze tipiche, attacchi mioclonici (solitamente causati da un’improvvisa contrazione muscolare) e crisi generalizzate tonico-cloniche, talora in varie combinazioni e di varia gravità. La maggior parte delle crisi si verifica al risveglio, soprattutto dopo la privazione di sonno, e frequente è anche la fotosensibilità. Questa tipologia di epilessia può nascere durante l’infanzia o l’adolescenza e generalmente accompagna tutta la vita”. “Una diagnosi sbagliata e il trattamento inappropriato costituiscono fattori confondenti, che possono talora peggiorare la risposta al trattamento, la morbilità e talvolta la mortalità. Il neurologo deve quindi non soltanto saper diagnosticare correttamente una Ige, ma anche decidere quali trattamenti siano i più appropriati e quali invece siano controindicati. Proprio in questa ultima fase risulta indispensabile considerare e bilanciare l’efficacia e la sicurezza, visto che il trattamento spesso è di lunga durata. Per tale motivo devono essere considerati fattori quali le reazioni avverse sulla crescita, sullo sviluppo nei bambini, le variazioni ormonali (compreso il rischio di malformazioni nel feto) nella donna in età fertile”, conclude il neurologo.