Festa dei Morti: alla scoperta dei dolci tipici italiani

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Tra i dolci tipici del  Giorno dei Morti, ossia del 2 novembre, troviamo fave, ossa e pane dei Morti. In origine le fave dei Morti erano dolcetti preparati con le fave triturate… ingrediente sostituito dalle mandorle per via del favismo.

Il nome, però, è rimasto invariato dato che da secoli la fava, per via delle sue lunghe radici che affossano nel terreno come fossero un tramite tra terra e mondo sotterraneo, è considerata un alimento sacro ai defunti, tanto che in passato si riteneva che nei loro baccelli giacessero le anime dei Morti. A Trieste, invece, vengono preparate le favette dei Morti, leggermente più piccole delle fave, colorate di bianco (se naturali), rosso (con alchermes) o marrone (con cacao).

OSSA MORTILe ossa dei Morti, noti in Sicilia col nome di paste di garofano, sono sempre a base di mandorle, ma aromatizzate con cannella e chiodi di garofano. Si tratta di biscotti dalla forma allungata, con le estremità più tondeggianti come a formare un osso. Il pane dei Morti ha origini antichissime, risalenti all’antica Grecia, quando veniva offerto in onore della dea Demetra. Diffuso in Lombardia e in Toscana, ha una consistente base di mandorle tritate, farina, zucchero, cacao e uva passa. Altro piatto immancabile è il grano cotto dei Morti, tramandato da generazioni.

Conosciuto in Puglia col nome di “cicecuòtte” per via della somiglianza del grano, una volta cotto, con i ceci. Forse esso ricorda l’avvelenamento dei Cristiani fatto da Giuliano l’Apostata. Chi si salvò mangiò grano bollito per 40 giorni. Il grano cotto viene preparato dalle famiglie e distribuito il giorno dei Morti. In altre zone la tradizione vuole che si apparecchi la tavola per i defunti ai quali, tra le altre cose, si lascia il grano cotto. Tra i dolci che arricchiscono le tavole siciliane, oltre ai frutti di Martorana, troviamo i pupi di zucchero, “ pupaccena”, donati dai genitori ai figli, dicendo che sono stati portati in dono dalle anime dei parenti defunti affinchè se ne ricordassero. In occasione dei Morti, il re di ogni tavola è “u cannistru”, un cesto ricolmo di primizie di stagione e dolci tra cui spiccano i pupi di zucchero.

Qualcuno sostiene che siano così chiamati perché legati ad una leggenda che narra di un nobile arabo caduto in miseria che li offrì ai suoi ospiti per sopperire alla mancanza di cibo prelibato; secondo altri l’origine del nome risalirebbe al 1574, anno in cui a Venezia, per la visita di Enrico III, figlio di Caterina dei Medici, ad un cuoco siciliano, Sansovino, venne commissionata la realizzazione di un dolce particolare. Egli, tramite i suoi apprendisti, realizzò sculture di zucchero che ottennero subito il favore e lo stupore degli intervenuti. Alcuni marinai palermitani che avevano trasportato lo zucchero a Venezia, ricevettero la notizia che grazie a loro si poterono realizzare quei pupi a cena, e da qui il correttivo di “pupaccena”. I personaggi raffigurati sono vari: dragoni, paladini, bersaglieri, coppie di sposi, dame del settecento, ma anche ballerine, giocatori della attuale squadra del Palermo, personaggi dei cartoni animati e dei fumetti.

Un tipico dolce siciliano, più precisamente palermitano, è la frutta di Martorana. Famoso nel mondo, simile al marzapane ma notevolmente più dolce e saporito, a base esclusivamente di farina di mandorle e zucchero, viene tradizionalmente preparato nelle celebrazioni della Festa dei Morti. Deve il suo nome alla Chiesa di Santa Maria dell’Ammiraglio o della Martorana, eretta nel 1143 da Giorgio d’Antiochia, ammiraglio del re Normanno Ruggero II, nei pressi del vicino monastero benedettino, fondato dalla nobildonna Eloisa Martorana nel 1194, da cui prese il nome, e di quello di Santa Caterina nel centro storico di Palermo dove le suore lo preparavano e lo vendevano fino a metà del 1900. Secondo una nota tradizione, la frutta di Martorana è nata perché le suore del convento della Martorana, per sostituire i frutti raccolti dal loro giardino, ne crearono di nuovi con mandorla e zucchero, per abbellire il convento per la visita del Papa dell’epoca.

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